Un Nobel Italiano: Luigi Pirandello
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Luigi Pirandello, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura giorno 8 novembre del 1934.
Da sempre studiato nelle scuole, poco o mai, ricordato come vincitore di un Premio Nobel per la Letteratura. Luigi Pirandello, nato nella seconda metà del 1800, precisamente nel 1867, in Sicilia e attivo come scrittore, poeta, drammaturgo e regista teatrale del primo 1900, quando iniziano a diffondersi gli studi della psicologia. Il suo pensiero verte su importanti dicotomie, come: flusso/forma, volto/maschera, tempo/durata, comicità/umorismo. Tra le sue opere più lette vi sono “La patente”, che tratta il dramma di un uomo reso vittima di continue ingiurie: interiorizza le proprie offese, al punto di identificarsi con le definizioni che gli altri gli danno e fa di tutto pur di ottenere la patente, per essere marchiato, come colui che porta male agli altri. “Marsina stressa”, rappresentata anche nel cinema, illustra in forma ironica il dramma di un uomo, un maestro, che conduce una vita tranquilla, nel paese in cui insegna e tutti lo stimano, ma non è libero, anzi è vittima di usi, costumi e formalità dettate dalla società. In una scena, mentre si accinge ad andare al matrimonio di una sua ex allieva, indossa una marsina che ormai gli va stretta, stretta, come la società che lo circonda e di cui ne è metafora. Mentre cammina, ed il cammino è simbolo del corso della vita, la marsina si strappa e lui, per sfogo la strappa ancora di più scatenando una scena ironica, di liberazione. Ancora, “La carriola” parla di un avvocato che vive una vita in base al ruolo che riveste nella società, senza mai pensare a chi è veramente, a cosa desidera e a divertirsi. Poco per volta, prende coscienza, guarda l’etichetta appesa alla porta di casa sua e sa di essere in vita non un uomo, ma un insieme di titoli, un fantoccio costruito dietro a tante conformità. Ad un certo punto, si chiude nel suo studio, con la sua cagnolina e la trascina, come fosse una carriola, per rivivere i giochi dell’infanzia e recuperare parte della sua vera esistenza, sentendosi, così un uomo, al di là delle maschera che la vita gli impone. Infine, l’opera più nota è “Uno nessuno e centomila” che svela un dramma esistenziale molto comune e diffuso, perché gli individui sono, così facilmente influenzati, dai giudizi degli altri, da non capire più chi sono realmente. Allora, un individuo si ritrova ad essere centomila individui, quanti sono coloro che lo definiscono a modo loro e questa frantumazione dell’essere lo riduce a non essere più nessuno. Emblematica è la scena allo specchio in cui il protagonista si guarda, si tocca il naso, il viso e attraverso i cinque sensi si riappropria della sua vera identità e si toglie dalla mente tutte le maschere imposte nel corso della sua vita, addirittura dalla moglie. Opere, che si potrebbero definire trattati di psicologia, vere e proprie sedute in cui analizzare la propria vita, alla luce dei vari personaggi.
Per approfondimenti:
- Tiziana Mazzaglia, Quel fiore dal dolcissimo nome, in «SocialNews», 07/07/2014, tot. pg. 2 http://www.socialnews.it/scuola-2/quel-fiore-dal-dolcissimo-nome/
- Tiziana Mazzaglia, L’identità e le etichette sociali: un percorso narrativo- teatrale, in «SocialNews», 05/12/2013 tot. pg.4 http://www.socialnews.it/angolo-della-scuola/9869