Cadono i sipari! L’attuale condizione dei teatri italiani

Cadono i sipari! L’attuale condizione dei teatri italiani

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

Teatri in tempo di crisi.

download (3)Fino a qualche anno fa’ si sarebbe detto “calano i sipari”, oggi, invece, si può dire “cadono” i sipari. La crisi non dà scampo, prende sempre più forma di nuova epidemia. Shakespeare giustamente diceva, in “Sogno di una notte di mezza estate”, « noi siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni», ma la crisi di oggi ci preclude anche di sognare. Ad aver calato i sipari sono ormai in tanti, e non si sa né se né quando sarà ancora possibile aprire una nuova stagione teatrale. «Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto» (Mt. 11,17), così è stato, i finanziamenti sono venuti meno, le famiglie non riescono a permettersi una serata a teatro, poche scuole riescono ad organizzare uscite didattiche e così, molti teatri non riescono a quadrare i bilanci. Come è successo al CRT, Centro di ricerca, di Milano, che è nato nel 1974, grazie al Prof. Sisto Dalla Palma e per anni si è occupato di portare la cultura nella periferia milanese, attraverso il teatro di piazza e ha curato la crescita teatrale attraverso sperimentazioni e novità, quest’anno non ha potuto garantire la conclusione della stagione teatrale. Né dà notizia Milano arte expo: « Che gli artisti crepino, che muoia la cultura senza tanti lamenti, senza pietà. Lo spettacolo, il teatro, la danza che finiscano qui. Tanto a che servono? Si mangiano? Si indossano? Fanno circolare capitali e interessi? Muovono truffe, tangenti e aggiottaggi? Ma che gli artisti crepino, tutti. Attori, danzatori, coreografi, registi, pittori, poeti, Questi inutili perditempo pieno di belle parole, di bei pensieri e belle speranze. Sognatori di mondi possibili. La società ha ben altri problemi! Altre urgenze, altre priorità (…)». Anche Messina si è ritrovata con un teatro chiuso, il 30 Maggio 2012 sul Corriere del Mezzogiorno, compare la notizia: «La Regione taglia i fondi, Messina non ha più un teatro: bloccati tutti gli spettacoli». Cos’è il teatro oggi, se non un tempio solitario e silenzioso, murato con dentro i suoi tesori, in cui si raggirano soltanto echi di ricordi di chi in quel luogo ha trasformato qualche ora del suo tempo per sognare, per vivere esperienze eroiche immedesimandosi nella scena. Bastava riuscire a trovare un biglietto, magari prenotandolo mesi prima, per stare fermi lì davanti ad un sipario, in silenzio attendendo di veder svelato un mistero e udire voci nascoste nel nostro intimo, mai pronunciate prima. Ora il nostro destino è quello di arrivare davanti ad un edificio chiuso e attendere che qualcuno all’improvviso arrivi a spalancare le porte, a far risuonare i flauti e a rifarci danzare. Non dimentichiamo che il teatro, come attività ludica accompagna la storia dell’uomo in tutta la sua evoluzione. Fin dall’età preistorica esistevano riti di danza, per poi arrivare alla nascita della Storia con documenti scritti in cui si ha testimonianza, secolo per secolo, di una ricerca innata nell’uomo di avvalersi di pratiche teatrali. Così, nel corso della storia, vediamo come il teatro assume aspetti diversi, con l’esaltazione nell’antica Grecia, in cui venivano dedicati giorni interi alle rappresentazioni. Il popolo affrontava viaggi e precarità pur di vivere un’esperienza di teatro, oggi, invece, la precarietà spinge a far cessare il teatro e a far “ cadere” i sipari. Si narra che Federico II ossessionato dal voler conoscere la lingua originaria degli uomini abbia proposto un esperimento. Chiese di chiudere un gruppo di neonati in un palazzo, con delle nutrici a cui era stato ordinato di non emettere alcun suono vocale e quindi nessuna parola. Federico II voleva udire quale suono e parola avessero udito i bambini. Il risultato fu, invece, la loro morte. Morirono tutti. Questo, perché la parola è vita, logos, quel mezzo attraverso cui si trasmettono sentimenti e senza cui la vita cessa. Adesso è come se qualcuno, poco per volta volesse provare a sperimentare di cosa vive l’uomo e poco per volta si toglie qualcosa. Tagli continui a stipendi, lavori, diritti, famiglie tagliate dai divorzi, vite tagliate da malesseri e follie. Non che non ci fossero stati problemi anche in passato, ma il dramma affrontato in teatro ha avuto il suo ruolo educativo. Attraverso la rappresentazione della Medea di Euripide, il rappresentare sulla scena la crudezza del gesto di una madre che uccide i suoi figli turbava gli animi degli spettatori, accompagnandoli ad un finale educativo di riflessione. Invece, adesso, i sipari sono chiusi, blindati e l’unica scena per noi sono i mass media, che narrano episodi di cronaca con oggetto omicidi e suicidi, solo in quanto avvenimenti. Quasi fossero un finale loro stessi. Il ruolo educativo del teatro soffoca in inquietanti risparmi e tagli, in una società in cui « L’inaudito accade ogni giorno» (I. Bachmann), non possiamo dire la parola fine al mistero della performance, perché significa porre fine alla nostra cultura e morire. Grandi attori e attrici, come Eleonora Duse hanno sacrificato parte della loro vita per il teatro. La Duse, ancora adolescente, aveva interpretato la parte di Giulietta, prima ancora di aver sperimentato un innamoramento nella sua vita, mettendo in atto una serie di stati d’animo ancora sconosciuti e ha offerto se stessa al teatro. Registi come, T. Kantor hanno portato sulla scena vicende interiori e familiari, ricordi segreti, e hanno rivisitato il mondo della loro infanzia, come quando si nascondevano sotto la tavola apparecchiata per rievocare un ambiante privato isolandosi dagli adulti. Il maestro E. Grotowskj, con il suo spettacolo, “Il principe costante”, mette in scena il dramma dell’escluso dal branco, del pazzo del villaggio, che interiorizza il male ricevuto e per assumere un ruolo dentro il branco assume addirittura un ruolo contro se stesso. Ancora il regista Eugenio Barba, nostro contemporaneo, descrive i suoi attori come canoe di carta che lottano affrontando correnti di malintesi e non sanno né se e quando approderanno all’altra sfonda, né se verranno letti e intesi. Ogni epoca ha bisogno di manifestare se stessa attraverso le varie forme dell’arte, al di là di ogni barriera economica, sociale, culturale. Il cantante Raf nella sua canzone “ Metamorfosi “ dice: « (…) forse il mondo riuscirà a rifarsi il trucco e l’abito come una farfalla (…) c’è qualcosa che nasce da lì, dove tutto finisce è così, dove non c’è più niente da fare (…) tra realtà illusorie e infinite metamorfosi (…) c’è qualcosa che nasce…» .

Attendiamo una nuova stagione teatrale!

 

Tiziana Mazzaglia, Cadono i sipari! L’attuale condizione dei teatri italiani, in «L’informatore delle autonomie locali». 16/10/2012,  http://linformatore.info/?p=276

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