Come vivere l’avvento in periodo di crisi
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Il Natale è alle porte e molte sono le attese, i sogni, le preghiere, le speranze e i bisogni, in particolare di noi Italiani. Come vivere l’Avvento in un periodo oscurato da tante negatività? Monsignor Antonio (@donAntonioRai) ci indica il cammino, attraverso tre domande elaborate citando tre autori noti: Turoldo, Montale e Becht .
David Maria Turoldo, in una sua poesia rimproverava di non professare la giusta fede credendo solo a Pasqua. Nei giorni in cui stiamo vivendo, in cui ci ritroviamo inginocchiati dagli eventi diventa sempre più difficile credere. Come ci consiglia di vivere quest’anno il periodo dell’avvento al fronte delle troppe attese che investono, ormai, ogni settore?
«Turoldo ci descrive nelle sue poesie un mondo spesso sofferente, perché non riesce a riconoscere Dio presente nei fatti della vita, quelli quotidiani e soprattutto quelli dolorosi, con cui si affacciano spesso le domande più profonde sulla nostra vita. Nel tempo che stiamo vivendo, con le difficoltà sul lavoro, sul futuro e la caduta dei punti di riferimento, ci pone dinanzi con più forza questi interrogativi. Ma sono quelli di sempre. Sono quelli del tempo di Gesù, i dubbi che Dio si manifesti attraverso la povertà, che si faccia riconoscere dai più poveri, che vada in cerca dell’uomo sofferente, vittima dei suoi errori e sbandamenti. Dietro tutto questo c’è lo scandalo dell’incarnazione: ma è la forza della nostra fede, perché dinanzi al desiderio di fuggire, Dio entra nella debolezza dell’uomo e si lascia trasfigurare. E quello che sembrava una sconfitta diviene l’opera di Dio, la Salvezza. Oggi siamo chiamati tutti a non temere le attese deluse, non sfuggire dalle nostre difficoltà, perché sono un’occasione per incontrare Dio: possiamo sperimentare ancora una volta che “a chi confida in Lui nulla manca”, perché solo Dio sa trarre la vita dalla morte.
Ma come può fare l’uomo per avere questa lettura diciamo “profetica” della sua storia? Nel tempo che stiamo vivendo, dopo il Concilio, la Chiesa ci ha dato delle Grazie immense, ma che ancora spesso ci sfuggono. La Fede viene attraverso l’ascolto. Prima tante volte non si aveva neanche occasione di ascoltarlo, perché le letture erano in latino, perché non si predicava quasi mai, perché non c’era la Celebrazione della Parola. Ma ora possiamo leggere la Sacra Scrittura, pregare con i Salmi, ricevere il seme della sapienza Divina: sono doni meravigliosi che dobbiamo ricercare, perché gli abbiamo a disposizione! Sono la chiave per poter vivere il nostro tempo alla luce della fede, in maniera profetica, quale è il cristiano.
L’Avvento è un periodo privilegiato per vivere questo, riprendendo la preghiera, la lettura della Sacra Scrittura, il dialogo con il Signore; anche se ti senti lontano, anche se sei in crisi, prega. Dio non smette di amarci, anzi ha cura dell’uomo che dubita, della pecora smarrita».
Eugenio Montale, nella sua poesia “Spesso il male di vivere ho incontrato…” ci parla di Dio paragonandolo ad un falco in alto levato, che osserva tutto da spettatore, senza prendere parte in una realtà inaudita, che come direbbe Bechmann “accade ogni giorno”. Le chiedo di illustrare una visione di fede in cui Dio è l’Emanuele e vive accanto a noi, tastando anche Lui la nostra sofferenza.
«Un altro poeta che amo molto, Montale, perché interpreta sempre i disperati interrogativi che ogni uomo porta dentro. L’incarnazione, come accennavo prima, è l’opposto del Dio che guarda dall’alto. E’ questa la specificità della rivelazione cristiana: il Dio che si fa uomo, assume la nostra debole natura umana. E’ il Natale. Ma spesso confondiamo la fede con un sentimento, soprattutto a Natale. La Fede è molto di più.
E’ un Dio presente nella nostra storia, ma non solo duemila anni fa: oggi».
Becht in “L’opera da tre soldi” ci descrive una triste storia, non diversa dalle tante esperienze umane di chi cerca Dio e non lo trova: «C’era una volta un povero bambino e non aveva papà e non aveva mamma, erano morti tutti e non c’era più nessuno al mondo. Tutti morti, allora, lui è partito e ha cercato giorno e notte. E siccome sulla terra non c’era più nessuno ha voluto andare in cielo: c’era la luna che lo guardava così buona; e quando finalmente era arrivato alla luna, quello era un pezzo di legno marcio. E allora, si diresse dal sole e quando era arrivato al sole, quello era un girasole appassito. E quando arrivò alle stelle, quelle erano dei moschini d’oro che erano infilati come si infila l’averla sul pugnolo. E come lui voleva tornare sulla terra era una pentola capovolta. E lui era solo solo. E allora, si è seduto e si è messo a piangere, ed è ancora la solo solo.» La solitudine nei nostri giorni colpisce molte persone, in particolare gli anziani, a cui non si lascia più un posto in famiglia e gli si trovano badanti a cui affidarli. Si può vivere l’Avvento come occasione in cui recuperare il concetto di famiglia?
«Il Natale ci presenta una visione famigliare, di tepore e di affetto. Ma tanti, come dice lei, vivono queste feste nella solitudine, nell’abbandono. E’ proprio qui che interviene Gesù Cristo: anche Lui nasce sconosciuto e solo con i suoi genitori, rifiutato e abbandonato. Potrebbe sembrare facile retorica. Ma invito le persone che vivranno questo Natale da soli a viverlo guardando a Cristo.
Dice costantemente S. Agostino e anche S. Paolo: “Guardate lassù, a Cristo” . Quando cominci a guardare ai tuoi errori, ai problemi che hai nella vita, che ti distruggono, alla solitudine che ti fa soffrire, nasce il dubbio: “Ma dove sta Dio? Dov’è questo Dio adesso che hai questa malattia, questo problema, questo conflitto? Dove sta Dio?” .
Ma proprio in questa realtà Cristo si incarna. Lui il Testimone, il Consolatore, l’Avvocato, colui che dentro noi stessi ci dice: “Coraggio, Francesco, Marisa, animo! Non dubitare!” Sempre, in tutti i Vangeli, appare Cristo davanti a questa realtà dicendo: “Non dubitate, abbiate fiducia in me”.
Non siamo noi che cerchiamo Dio: Lui è già con noi, ma non ce ne accorgiamo, non gli parliamo.
Nella nostra vita talvolta ci troviamo con un vento contrario, con una morte intorno a noi, con un buio pesto, senza fede, senza sentimenti, stanchi, pieni di malattie, di vecchiaia e dobbiamo pensare che in quella situazione concreta vedremo Cristo vicino, risorto, come quando appare ai discepoli sul mare; ma spesso ci sembrerà non vero, un fantasma.
Questo è molto importante. Perché ci sembrerà un fantasma? Perchè crediamo più alla nostra situazione di morte, di sofferenza, di distruzione, come se quella fosse la unica verità. Pensando che se fosse vero che Cristo è risorto, che esiste l’altra vita, non dovremmo continuare a soffrire: “Perchè non ce la dà subito? Perché la vita deve essere così? Perché devo passare attraverso questa sofferenza? Perchè la nostra vita non è semplicemente schivare sofferenze e godersela. La vita ha un significato escatologico, celeste.. Quello che oggi ci fa soffrire realmente è che abbiamo perso questo significato: tutto, a cominciare dai mass-media, ci vuole convincere che la vita è godere, è sensazione, è potere sugli altri, è soldi..Questo svuota di significato la nostra vita, la degrada profondamente, sparisce il valore della persona, si pensi agli anziani: vale solo quello che ti fa contento, che ti fa godere. Non abbiamo più rapporti umani: consumiamo persone e cose, finché ci servono. Difficile l’amicizia, la fedeltà, il sacrificio, la lealtà, la sincerità. Gli altri sono gente da usare o per il suo piacere, anche con l’amicizia, o da detestare perché sono scomodi, perché sono stupidi, perché non mi danno niente; sempre da usare perché io, io sono il centro di tutto
Ma invece la nostra vita ha un valore altissimo, non siamo animali, che sono comunque creature di Dio, ma guidati dai loro sensi. Esiste veramente il Cielo. Allora veramente la vita nostra è come un fidanzamento, ma le nozze sono nel Cielo. La nostra vita è stata creata per il Cielo».
Tiziana Mazzaglia, Come vivere l’Avvento in periodo di crisi. Intervista a Padre Antonio Interguglielmi, Cappellano RAI, in «SocialNews», 04/12/2013