Costruttore di vetrate anche in Paradiso: Padre Costantino Ruggeri
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Padre Costantino Ruggeri, o.f.m., architetto, pittore, fratello sole, ha illuminato di Luce luoghi e persone.
Buon compleanno a Padre Costantino Ruggeri (16 ottobre 1925- 25 giugno 2007) che anche in Paradiso continua a giocare con la Luce, per inebriarci di pace e serenità. Le sue vetrate catturano la luce del sole, e sono state costruite in base alla rotazione del sole. Poste sulla terra come canale di passaggio della Luce, simbolo di Dio, destinate a illuminare gli uomini. Sentiva i suoi pennelli come il prolungamento dei suoi stessi arti e una volta vecchi e consumati li seppelliva. Sorridente, con gli occhi color cielo e un cappellino di un azzurro più intenso, che lasciava sporgere candidi capelli simili a fili di nuvole. Ogni Suo pensiero e ogni Sua parola era rivolto al cielo a Dio e alla Madonna. L’ultimo convento in cui ha vissuto è stato quello di Canepanova a Pavia, dove il 17 settembre del 2006 entrando per confessarmi e l’ho trovato seduto dentro un confessionale. Per tutto il tempo mi ha tenuta per mano guardandomi negli occhi, come un angelo custode pronto ad ascoltare discorsi che già conosceva. Dopo la confessione, mi ha condotta in sacrestia poi, in uno stretto corridoio, al termine del quale vi era un ascensore che ci ha portati in un sottotetto e lì ho scoperto il Suo mondo: quadri, piante, luce, colori, libri e maschere africane che pendevano dalle travi del tetto. Lui in Africa era andato spesso, per costruire Chiese. Così, è nata un’amicizia viva ancora adesso e per sempre. Andavo a trovarlo spesso, mi chiedeva di pregare con Lui un’Ave Maria e poi iniziava a raccontarmi del dolce ricordo della madre, salutata da bambino per entrare in convento. Degli anni di povertà vissuti nella ricchezza di un Dio sempre vivo e felice. Diceva sorridendo di amare Dio, con una vocazione confermata giorno dopo giorno. Dopo essere diventato un artista famoso e richiesto avrebbe potuto lasciare il convento per vivere da ricco girando il mondo, ma la sua ricchezza era Dio, ed era sempre Lui il protagonista di tutte le Sue opere sotto i panni della luce.
Apprezzava tutto della vita, gioiva delle piccole cose. Quando lo invitavo a pranzo a casa mia e accarezzava la tovaglia ricordando gli anni della fanciullezza e di sua madre che gli apparecchiava la tavola. Raccontava del fervore artistico che lo spronava a lavorare con energia, di quando il solo splendore della luce sull’acqua del Ticino gli ispirava forme e movimenti per costruire i crocefissi d’argento. Catturava la bellezza del creato, la sua vita artistica era tutta espressione di un cantico delle creature. I suoi amici, per la maggior parte deceduti, erano vivi nei Suoi ricordi e discorsi, come David Maria Turoldo. Ricordava con amore anche gli anni in cui bisognava rispettare il digiuno prima della Messa e gli erano concesse delle sigarette. Ancora, gli anni di studio in seminario, quando i grandi mangiavano pietanze appetitose e ai più giovani non era concesso partecipare a quei banchetti. Poi, gli anni vissuti con gli artisti a Brera, anni in cui l’astrattismo prendeva forma e sulle pareti della Sua mansarda vi erano parecchi autografi. Il suo dialogo con Dio era costante e intenso, anche quando era stato ricoverato in ospedale a Pavia, sapeva già di essere vicino al Paradiso e diceva: “chi sa se tornerò nel mio studio o se costruirò vetrate in Paradiso, dove vi è tutta luce e chi sa che splendore potrò creare”. Fervore artistico e vocazione erano un tutt’uno in Lui; una presenza paradisiaca su questa terra che sa vincere anche le barriere della morte.