Dimmi come parli….? Standard o neo-standard?

Dimmi come parli….? Standard o neo-standard?

di Tiziana Mazzaglia  @TMazzaglia

 

L’italiano standard e neo-standard. Rispetto della grammatica e uso comune ormai diramato nella società.

Fonte immagine: google.

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Spesso pensiamo di esprimerci correttamente e non ci accorgiamo di come le consuetudini si siano appropriate del nostro linguaggio. La lingua italiana, si basa su regole grammaticali, che in ogni periodo hanno visto la loro evoluzione, basta pensare alla lingua del Duecento. La grammatica non è chiara a tutti e non da tutti applicata, questo ha fatto sorgere espressioni, ormai entrate in uso e accettate seppur non corrette. Si parla, allora di italiano standard quando si intende il complesso della lingua scaturita dalle leggi della grammatica. Si parla, invece di italiano neo-standard, per raggruppare tutte le forme non previste dalla grammatica ed entrate in uso comune e accettate come espressione parlata: una varietà di italiano considerata “bassa”, quindi per un ceto sociale non alto. Il professore Francesco Sabatini, linguista, ha formulato un elenco di quattordici errori entrati nell’uso comune senza distinzione di regione, ma in ogni ceto basso di tutta Italia:

  1. “Lui, lei, loro” con posizione di soggetto.
  2. L’uso della forma derivante “gli” al posto di “le” (a lei) e “loro” (a loro).
  3. Il partitivo preceduto da preposizione: “con degli amici”.
  4. La dislocazione a sinistra, ad es. quel vestito l’ho già indossato. La dislocazione a destra, ad es. l’ho già visto quel film. Ancora il tipo sintattico con uso pleonastico della particella pronominale, ad es.: a me mi piace il gelato; di caramelle non ne ho più.
  5. Il “che” usato in modo polivalente e soprattutto con valore temporale, ad es.: dal giorno che sei partito.
  6. “Per cui” con valore di connettivo frasale, ad es.: avevo freddo per cui ho preferito accendere la stufa.
  7. “Cosa” al posto di “che cosa”, ad es.: Cosa hai mangiato?
  8. “E, ma, allora, comunque” in posizione iniziale di frase.
  9. L’uso dell’indicativo al posto del congiuntivo.
  10.  La concordanza ad sensum, ad es.: sono stati promossi una decina di alunni.
  11. Il soggetto post-verbale, ad es.: non ci sono soldi.
  12. Verbi in forma pronominale, ad es.: mi sono bevuto un caffè.
  13. La frase scissa, ad es.: è lei che mi ha chiamato.
  14. Il “ci” attualizzante, ad es.: non ci capisco niente.

La lingua è un segno distintivo di unificazione nazionale utile alla comunicazione e sarebbe opportuno rispettare le regole grammaticali, in particolare in una società multiculturale come la nostra, in cui si parlano tante lingue rischiando di creare un’immensa babilonia. La comunicazione e il dialogo sono un passo importante per attuare la tolleranza e il rispetto. Senza una codificazione unica si rischia solo confusione.

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