Il vuoto
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Il vuoto
11 dicembre 2015 ore 8:08:
trapassò!
Era mio padre!
soffriva e lottava:
voleva vivere a tutti i costi,
per non lasciarci soli.
Quella mattina la chiamata al mio cellulare.
Erano e 8:12
il numero dell’ospedale
l’infermiera dice di andare al più presto
E inizia la corsa,
senza parole,
con la speranza che non sia ancora il momento.
Dopo gli ultimi mesi di corse in ambulanza, con la stessa paura e la stessa speranza.
Cosa ci resta di una vita?
Restano i ricordi
le sensazioni di una continua presenza
la voglia di portare avanti quello che gli stava a cuore.
Eppure, siamo destinati a diventare cibo per i vermi e niente di tutto quello che amiamo e raccogliamo potremmo portarlo via con noi.
Era giorno 11 dicembre!
E giunti in ospedale
il corridoio era come fatto di un chewingum filante o una pista di un tapirulan.
Volti freddi
imparziali
tra cui passare,
simili a manichini di un negozio.
Poi, la stanza 207,
era quella già da un mese.
La terzultima del corridoio.
Dante avrebbe visto la trinità in questo e avrebbe scritto in terzine.
La porta era aperta: tanto da lì era uscito tutto!
Girato l’angolo della soglia ecco: il Vuoto!
La fine resa in un’immagine!
Non c’era più neanche il letto!
Vuoto emblematico di quello lasciato nelle vite dei propri cari.
I due cuscini sulla sedia aspettavano di essere puliti per il prossimo ospitato e l’armadio aperto gridava “svuota anche me”.
Il Vuoto! non è solo un barattolo che ti ritrovi in cucina, ma sei tu che ti svuoti quando la morte ti falcia un parente!
E fa piazza pulita quando vuole.
Eppure, lui sentiva che stava arrivando.
L’aveva vista in faccia lui, già più di una volta e con l’amore negli occhi aveva ringhiato più di lei, perché voleva vivere.
“Non ti lascerò mai, neanche da morto! e mi sentirai” mi aveva detto, ma era il 10 dicembre 2015.
Il Vuoto contiene un eco immortale!
Pavia, 10 dicembre 2016