“Piene di Grazia” di Vittorio Sgarbi
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Vittorio Sgarbi, Piene di grazia, I volti della donna nell’arte, Bompiani, 2011. ISBN 978-88-452-7211-0.
Le donne dai mille volti, soggetto e oggetto, sempre al centro della vita, sono in questo volume “piene di grazia”: vivono tra colori impressi nelle tele e parole tracciate sulla carta da uno scrittore, che ne delinea i tratti talmente visibili da compiere la grazia di farle vivere negli animi dei lettori.
«La donna è certamente il momento di maggiore perfezione del creato. Nella visione della Creazione, nella Genesi, la donna è l’ultima creatura di Dio, quindi quella in cui Egli mette tutte le perfezioni, quella che consente di arrivare a compimento di un progetto che vede anche nel simbolo della Vergine una perfezione che sembra superare qualunque condizione umana.» (Id. pg. 10).
Un libro in cui vivono nei capitoli donne diverse tra loro, uniche essenze in capolavori umani che sono in realtà capolavoro di Dio. Di loro in primo piano è il volto, quello di: Maria ad opera di Cimbue, La Madonna nel giardino di Antonio da Negroponte, Eva di Van Eyck e Masaccio, La Madonna del prato di Piero della Francesca, La Madonna con Bambino di Cosmé Tura a Bastiani, La Vergine che legge di Pier Matteo D’Amelia, Le Vergini irreali di Matteo da Gualdo Tadino, L’annunciata di Antonello da Messina, Sant’Orsola di Vittore Carpaccio, Le sinuose donne di Leonardo da Vinci, La Vergine Sposa e Santa Cecilia di Raffaello, Donne del Parmigianino, Sante da vestire di Borgo San Sepolcro e la bella ragazza smorfiosa di Giovan Battista Lombardelli. Ancora, donne di Tiziano, Cleopatra di Artemisia, Santa Rosalia di Pietro Novelli, donne di Bartolomé Esteban Murillo, di Antonio Carneo, di Giacomo Ceruti, Francesco Scaramuzza, Pasquale Celommi, Ferruccio Ferrazzi, Balthus, Domenico Gnoli, Lino Mannocci, Massimo Mariano. Un lungo elenco di un’antologia di volti, ognuno diverso, unico, speciale, capace di rievocare ricordi, in cui potersi identificare o in cui ritrovare persone conosciute nel proprio vissuto.
Tra tutte, quella che mi è rimasta impressa e per cui ho provato tenerezza è stata la donna da vestire di Borgo San Sepolcro. Una statuetta lignea, finita nelle bancarelle di un antiquario, in vendita al miglio offerente e intenditore. Nuda di una nudità statuaria, artistica e finita per essere scambiata per una raffigurazione di una donna di un bordello, quando invece era una Madonna destinata a vestire abiti sontuosi ed eleganti per abbellire scene sacre. Strano pensare alla vicenda di questa statuetta, che se non fosse stata comprata da Vittorio Sgarbi avrebbe perso la sua dignità e il suo prestigio e la firma del suo autore non sarebbe mai stata messa in luce. Invece, sembra avergli parlato da subito, sussurrandogli “aiuto” con un linguaggio figurato che solo chi ha dimestichezza con l’arte sa cogliere. Una donna del sacro che sta per finire nel profano, ma ha avuto la sua grazia.
Molte protagoniste di questo libro vivono tra sacro e profano. L’autore stesso scrive: «La donna è subito protagonista, nell’incrocio fra sacro e profano, fra pagano e cristiano, in diverse rappresentazioni del tema della Vergine con il Bambino, fino all’insuperabile sequenza della piena maturità, quando dopo gli anni di formazione al fianco di talenti e geni come Giulio Romano, Perin del Vaga, Rosso Fiorentino -tutti orfani di Raffaello e tutti potentemente individualisti- Parmigianino tocca vertici sublimi (…)». (Id.pg., 116).
Un libro da leggere per imparare a comprendere attraverso l’arte le diverse sensibilità del sesso femminile, molto spesso non decifrato e non stimato.