San Francesco d’Assisi e la misericordia: intervista a don Felice Accrocca
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Intervista a don Felice Accocca, esperto di francescanesimo, scrittore e docente presso l’Istituto Teologico del Sacro Convento di Assisi (PG).
Visitando Assisi ed entrando nella Basilica superiore dedicata a San Francesco, il ciclo pittorico attribuito a Giotto ci tramanda attraverso immagini quelli che sono gli aspetti salienti della vita del santo: ad esempio quando Francesco si spoglia in piazza, all’inizio della Sua vocazione ed il papa lo abbraccia con il suo mantello rievocando l’abbraccio misericordioso del Signore pronto ad accoglierlo. Quali sono gli episodi francescani in cui si manifesta la misericordia che Dio ha nei confronti di Francesco e che Dio attraverso Francesco ha nei confronti di altri esseri umani, come ad esempio i lebbrosi?
Per rimanere in tema, credo che Lei abbia messo il dito sulla piaga: fuor di metafora, il riferimento ai lebbrosi è centrale in questo discorso. Poco prima di morire, infatti, nel dettare il Testamento, Francesco definì momento capitale della sua conversione proprio l’incontro con i lebbrosi: «Il Signore – disse – dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e feci misericordia con essi. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo». Egli giunse così dal peccato alla grazia attraverso un’esperienza di misericordia: la misericordia che Dio usò verso di Lui e quella che lui «fece» con i lebbrosi. Divenne allora capace d’immergersi nel dolore altrui guardandolo con occhi diversi; smise di esser centrato su se stesso e cominciò a guardare ai problemi degli altri, fino a condividere l’esperienza di vita di coloro che, ai suoi occhi, incarnavano la viva presenza del Cristo nella storia degli uomini. Da quell’esperienza di misericordia nacque dunque un uomo nuovo, capace di rovesciare i suoi criteri di valore e di giudizio: l’amaro divenne dolce e ciò che prima era aborrito si trasformò in ragione di vita.
Il Vangelo di Luca 1,39-56 riporta il Magnificat, in particolare il verso: “Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente è Santo è il Suo nome; di generazione in generazione la Sua misericordia per quelli che lo temono (…)”. In quali esperienze francescane si realizzano queste parole?
In tutta l’esperienza di Francesco, negli aspetti piccoli e grandi (ma c’è qualcosa di piccolo nell’esperienza di un uomo simile? E ciò che è grande agli occhi degli uomini non diventa piccolo agli occhi di chi mette Dio al primo posto?), negli aspetti piccoli e grandi, si diceva, della sua esistenza, traspare il volto della misericordia. Una misericordia che finisce per rovesciarsi, potremmo dir così, anche su coloro che non temono Dio, non solo su quelli che lo riconoscono Signore. La misericordia manifestata da Francesco portò uomini lontani ad avvicinarsi a Dio; lo stesso egli insegnò a fare ai suoi frati: i briganti di Borgo San Sepolcro erano persone concrete, reali, in carne e ossa. Come il famoso lupo di Gubbio, anch’essi attaccavano la gente per fame e anch’essi furono trasformati in mansueti agnelli, non da Francesco, ma dai frati istruiti da lui, che si rapportarono a loro con umiltà e carità, giudicandoli degni – prima ancora che di riprovazione e di condanna – di una proposta che concedeva loro una possibilità di riscatto. Sull’episodio sussistono ben pochi dubbi dal punto di vista dell’autenticità storica e potremmo dire che esso ci appare come la versione reale di quanto il racconto del lupo di Gubbio ci trasmette in chiave fiabesca.
Come oggi San Francesco può essere un maestro di misericordia, quali sono gli aspetti della nostra vita in cui poter applicare la misericordia francescana?
Credo che la misericordia vada vissuta anzitutto nei normali rapporti quotidiani, quelli che intratteniamo in casa e negli ambienti di lavoro, a scuola o nei tempi di relax, con gli amici: è lì, nella vita ordinaria, che la misericordia fa la differenza, perché è lì che spesso essa viene meno, facendoci cadere nel giudizio. Forse dovremo tenere a mente le parole severe di san Giacomo, che Francesco cita espressamente nella seconda redazione della cosiddetta Lettera a tutti i fedeli: «il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà avuto misericordia». È vero invece che «la misericordia ha sempre la meglio sul giudizio» (Gc 2,13).
La tolleranza e la pace sono raggiungibili attraverso un cammino di misericordia?
L’esperienza mostra purtroppo che molte volte anche la misericordia resta impotente, poiché è necessario – perché essa diventi efficace – che un tale cammino sia condiviso dalle parti in causa. È certo, però, che senza misericordia non vi sarà né pace né accoglienza dell’altro. Senza misericordia non si va da nessuna parte, sicuramente non si va verso Dio, non ci si avvicina a Lui.