‘Schiavo d’amore’ venduto all’asta: Intervista a Cosimo Picaro
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Intervista a Cosimo Picaro interprete di un brano di Mario Castelnuovo, “Ma vie Je T’aime” arrangiato e prodotto dal maestro Giovanni Nuti, disponibile su YouTube.
San Francesco d’Assisi cantava davanti al crocefisso di San Damiano: “l’amore non è amato”. Oggi Cosimo Picaro canta un brano di Mario Castelnuovo, “Ma vie Je T’aime” arrangiato e prodotto dal maestro Giovanni Nuti disponibile su YouTube. Un brano cantato e divenuto video, per l’esigenza di accompagnare parole e musica ad un’immagine, per rendere visibile agli occhi, in una sorta di tridimensionalità in cui si sente avvolto l’ascoltatore-spettatore. Una triangolazione di emozioni captate da tutti i sensi in minuti in cui l’attimo è reso immortale, fermo per essere assaporato, colto, ascoltato e interiorizzato. Attimi, catturati anche dalle fotografie di Ariele in cui, in due in particolare, appare come presagio del finale l’immagine riflessa, in uno specchio appeso al muro e sul vetro di un tavolino accanto al divano. In entrambe la figura non è riflessa per intero, nella prima manca la testa, nella seconda il corpo appare di profilo e imparziale. Nella psicologia di Freud, l’immagine riflessa preannuncia un finale tragico. Una tecnica ripresa anche nel cinema e nella letteratura, come ad esempio nel film Alba tragica (Le jour se léve) di Carné del 1939 e nel romanzo di Gabriele D’Annunzio, “Il compagno dagli occhi senza cigli” del 1928. Nelle foto scattate durante la registrazione del video di “Ma vie Je T’aime”, invece l’immagine riflessa nello specchio può essere letta sì, come casualità ma può essere intesa come indice di un messaggio. Segno di un amore che avrebbe potuto condurre alla rovina, ma si risolve grazie ad una forza interiore di chi offre tutto se stesso “vendimi…” ma alla fine vende lui. Capisce di non essere accolto “spolvera i sandali” e va via pronto a ripercorrere il suo destino. Gesù è stato venduto a noi non spetta questo destino.
Ascoltando il brano ho pensato che siamo talmente abituati a sentire parlare di donne come protagoniste della sofferenza amorosa al punto di percepire come anomala la sofferenza di un uomo. Così, ho chiesto a Cosimo, come mai è un uomo a soffrire d’amore? E lui, mi ha spiegato che gli uomini soffrono per amore, “l’unica differenza è nel non parlarne”.
Il testo cantato da Cosimo, rompe questi schemi e ci offre un uomo che può ricordare il dipinto di Marc Chagal “Uomo con la testa rovesciata” del 1919, e i versi della poesia di Chagal stesso: « Ci fu un tempo in cui due teste avevo, / ci fu un tempo in cui questi due volti / si coprivano nel profumo di una rosa. / Adesso mi sembra / che, anche se indietreggio / io vado avanti / verso un grande cancello / dietro al quale si estendono muri / dove dormono estinti tuoni/ e lampi spezzati » (1940-45). Trovo molta assonanza tra questi versi e quelli del brano musicale cantato da Picaro. Un amore maschile che si rende “servo per amore” al punto di seguire la sua amata anche sul patibolo di una vendita all’asta, ma fortunatamente alla fine l’amore per se stesso ha la sua rivalsa, infatti una delle ultime frasi dice “io ti ho venduta di già”. Una sorta di comportamento cristiano, di sano egoismo, che scaturisce alla fine come trionfo, perché se uno dei comandamenti cristiani dice “ama il prossimo come te stesso” per amare il prossimo bisogna amare se stessi e un amore non ricambiato svuota l’essere nella sua dignità. Chi dona ha anche bisogno di essere ricambiato, altrimenti o ne muore o indietreggia lasciando alle spalle “estinti tuoni e lampi spezzati”. Cosimo Picaro, dialogando con me telefonicamente, ha spiegato di aver vissuto in passato un’esperienza simile e ha rivelato una dimensione maschile sensibile e romantica: “anche l’uomo soffre solo che non lo da a vedere. Subire da una donna è anche una forma d’amore, una sottomissione d’amore”. Parole che sembrano ricordare l’amore cortese di chi per amore soffriva ogni conseguenza, di chi per amore accettava anche l’inferno, come Paolo e Francesca: “amor che nullo amato amar perdona”.
Poi, raccontando di se, Cosimo ha citato episodi del suo passato “sono sempre stato affascinato da chi suonava strumenti musicali, fin quando un giorno ho preso in mano la chitarra e ho imparato da solo. Da li ho iniziato a suonare in oratorio, in particolare per i bambini”. A questo punto mi è possibile tracciare un profilo dell’artista secondo le tre domande esistenziali della filosofia medievale: chi sono? Da dove vengo? Dove vado?
Cosimo è un ragazzo che ha saputo cogliere la chiamata di una vocazione musicale attraverso l’attrazione che sentiva dentro di se. Proviene da uno studio autodidatta e dal cantare per donare emozioni agli altri, gratuitamente. Dove va? Lo scoprirà nel corso della sua vita, ma il cammino che ha intrapreso ha accanto un suo Virgilio, il maestro Giovanni Nuti. Un’amicizia che dura da circa quattro anni, nata da un contatto su facebook, che ha portato il primo frutto con questa che è la prima produzione “una vittoria, perché è importante lavorare con un grande artista”. Per il futuro, Cosimo prevede di cantare testi scritti da lui stesso, continuerà questa strada con costanza nella consapevolezza, che pochi hanno, di trovare sentieri non facili da percorre: “non è facile, molti pensano sia facile, ma non lo è”.
Per informazioni:
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