“Se si colpisce la scuola si colpisce la democrazia!”
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Intervista alla professoressa Loredana Telese in merito al DDL “La buona scuola”.
“Non parlo non per me, ma per tutta la scuola italiana”, questa è la frase chiave di tutta la mia intervista alla Professoressa Loredana Telese, la cui voce è specchio di una realtà non conosciuta da tutti e spesso infangata e velata da false immagini. Lei, cinquantenne, madre di famiglia, laureata in economia, abilitata con più di dieci anni d’insegnamento nella scuola Statale Italiana e altri sei nella scuola privata, sa bene cosa significhi il DDL e sa anche che rischia di rimanere senza lavoro. La buona scuola vanta di assumere centomila precari, ma scelti con il criterio della chiamata diretta, nel mancato rispetto di equità nella valutazione, che si presta a diventare oggetto di manipolazione a scopi personali. Il DDL inoltre, parla di assumere questi precari e giudica indegni coloro che manifestano contro tale assunzione, ma non parla degli ottantamila che rimarranno senza lavoro, dopo aver svolto questo lavoro per anni, dopo essersi abilitati spendendo soldi che hanno arricchito le Università, con corsi di tre anni, in cui hanno creduto e sperato e che si sono rivelati una strada a fondo chiuso. «Reputo che ci sia un danno economico e morale, io per prima svolgo questo lavoro per passione e non saprei fare altro! Chi come me lavora da anni nella scuola non può ancora essere valutato per competenze. Le competenze le ha già messe in atto anno per anno, insegnando». Sono giusti i concorsi dice: «I concorsi devo farli i neo laureati e non chi ha già lavorato per anni come insegnante, in questo caso ci vogliono i concorsi per titoli, che si bandiscono nella pubblica amministrazione!». La professoressa trova giusto ed importante parlare di scuola, ma tra chi nella scuola vive da anni, e racconta: «La Giannini a Bologna è stata fischiata, perché ha affermato che bisogna inserire la lingua inglese nelle scuole materne e nelle elementari, quando è così da anni! Mio figlio, che adesso ha diciassette anni ha studiato inglese nella scuola materna e anche alle elementari e adesso frequenta il liceo linguistico».
Quindi, chi non conosce la scuola non può deciderne il futuro. Poi, ci sono stati troppi tagli e uno Stato deve, invece investire sulla cultura, materie come diritto ed economia sono state tagliate. La professoressa Telese, laureata in economia potrebbe insegnare economia e diritto, ma le classi di concorso A017 e A019 sono ormai sature da anni, le rimane solo la geografia economica e turistica con la classe di concorso A039. Sul nuovo ruolo del preside, definito in vari modi, da padrone a imprenditore: «La scuola non può essere del preside, ma deve essere frutto di cooperazione e condivisione, perché la scuola è un organo e un sistema, questo nel DDL non viene preso in considerazione. L’art. 27 della Gazzetta Ufficiale del regno d’Italia d sabato 2 giugno 1923 firmata da Mussolini, quindi di cento anni fa, dice in pratica che i presidi hanno il potere di assumere i professori. Non si può tornare indietro di cento anni! Non ci può essere la possibilità di lavorare in uno stato democratico se si colpisce la scuola si colpisce la democrazia. Questo è un mio pensiero apolitico e ci tengo a dirlo, perché non ho simpatie politiche per nessuno. Si tratta solo di quanto io penso, cioè l’attacco alla scuola è un attacco alla democrazia e questo è molto pericoloso, la gente se ne sta accorgendo poco per volta. Bisogna fermarsi in tempo.
I prossimi precari saranno coloro che ora sono di ruolo e oggi si ritengono immuni dalla sorte del precariato». Riguardo le manifestazioni che si sono svolte in questi giorni in tutta Italia, dice: «A Padova, dove ho partecipato, è stato emozionante vedere insieme insegnanti e alunni, genitori e figli, insegnanti stessi con i loro figli, c’erano anche alunni della scuola elementare e li abbiamo applauditi». Un’immagine simbolo di una scuola viva che si tramanda di generazione, che entra nelle nostre case, ci appartiene ed è frutto del lavoro di famiglie che senza lavoro non potrebbero vivere e non potrebbero garantire il futuro allo Stato. Il bambino di oggi è l’uomo di domani ed è questo che sanno bene i professori: «Un insegnante è anche un educatore e lo ha dimostrato marciando in piazza con educazione e rispetto», anche se questo messaggio non è stato messo in risalto, mezzo milione di professori hanno portato in piazza la loro dignità.