Relazione: sappiamo veramente a che gioco giochiamo?
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Sintesi di studi e di corsi di formazione professionale.
Cosa si intende per relazione? Ogni relazione è costituita sia da ciò che si dice sia da come si dice. Si tratta di un tessuto semantico che ha come matrice uno scopo, che può essere implicito o esplicito. La psicologia insegna modelli coerenti all’interno dei quali la persona si gesticolerà. Nel concreto una relazione è una mixer dalla trasmissione di comportamenti che nascono da pensieri, sensazioni, emozioni. Il comportamento sembra qualcosa di statico, ma invece è dinamico. L’individuo comunica con tutto il corpo, esprime. Per poter comunicare io entro in campo con tutto il mio corpo. La qualità della relazione dipende dalla qualità di scambio e dall’esplicitazione dello scopo. Per qualità si intende la possibilità che la relazione funzioni o non funzioni. Spesso, l’individuo nasconde i suoi pensieri, emozioni e sensazioni, perché si vergogna nel comunicarli e pensa di essere l’unico a vivere una situazione difficile. Il cervello umano elabora alcune fasi: pensare; produrre emozioni; generare sensazioni; mettere in atto l’intenzione. Se voglio fare andare male una relazione devo nascondere pensieri, emozioni, sensazioni. Così, crolla la relazione. (Cfr., Watzlawick, Istruzioni per rendersi infelici, Feltrinelli). Se noi ci chiediamo perché? troviamo argomentazioni e le recuperiamo dal passato, se invece, ci chiediamo Come mai? rimaniamo nel presente, qui e ora. (Cfr., I sette peccati della memoria). Lo scopo deve essere ben preciso, e deve essere condiviso, se non è condiviso nascono relazioni malsane. Lo scopo, ancora, dipende dai pregiudizi che i comportamenti della relazione hanno sull’idea di cosa è la relazione stessa. Verbalizzare quello che noi possiamo dare in una relazione è rispettare, perché lo mettiamo in condizione di scegliere. Presentare un’idea diversa è illudere. Come nasce una relazione? Una relazione nasce per un meccanismo psichico definito Compensazione. Spesso per provenienza da famiglie, studi, ambienti diversi non si verbalizzano pensieri, sensazioni, emozioni. (Cfr., Realizza il progetto che è in te). Questo crea uno sviluppo parziale delle proprie potenzialità. Lungo gli anni ho recuperato uno sviluppo parziale delle mie attività psichiche. Poiché mi sento incompleto cercherò di arrivare ad una completezza, ma non attraverso uno studio su di me, ma andare ad uno studio sugli altri. Mi sceglierò persone nelle mie relazioni che hanno sviluppato capacità diverse da quelle in cui mi riconosco. Compenso così la mia deficienza, dovuta a pregiudizi. Questo significa che noi involontariamente utilizziamo le persone. Le mie relazioni con le persone saranno strumentali senza che io me ne accorga. (Cfr., Riti e miti della sensazione). Finché un individuo non approfondisce se stesso i suoi rapporti sono di compensazione. Se non mi libero dal meccanismo della compensazione cercherò solo relazioni utili alla mia sopravvivenza. Se noi non ci capiamo non abbiamo possibilità di cambiamento come pre-destinazione. Minore è lo spazio che abbiamo su di noi, maggiore è quello che diamo agli altri. Se non ho dentro di me: IMMAGINAZIONE, PENSIERO, IMPULSO, DESIDERIO, INTUIZIONE, EMOZIONE, SENSAZIONE, VOLONTÀ cercherò di compensarle attraverso gli altri. In alcuni casi si arriva a pensare che senza l’altro non si può sopravvivere. L’attrattiva che l’altro ha su di me è tanto maggiore quanto maggiore è la convinzione personale che senza l’altro io non sia in grado di sopravvivere (Cfr., Li fece uomo e donna, Jacabook; Vastaire, L’eros redento, Comunità di Bose). Come finisce una relazione? La fine di una compensazione può avvenire o per acquisizione indiretta delle capacità o per eccessiva stimolazione delle capacità bloccate. Stando per un po’ di tempo con una persona, questo perde fascino. Questo succede perché inconsapevolmente abbiamo acquisito la compensazione che ci mancava. Una relazione può finire anche, perché le dinamiche relazionali diventano patologiche. Quindi, non si può sentirsi usati per tanto tempo, perché la relazione in questo modo “scoppia”. La comunicazione patologica è caratterizzata da: giochi; racket; simbiosi. I giochi implicano una modalità di comunicazione in cui esprimiamo NON verbalmente. I racket sostituiscono all’emozione che sto vivendo un’altra emozione. La simbiosi mette in condizione di non utilizzare le proprie capacità psichiche, ma di dedicarle completamente all’altro. Es.: “ma tu che ne pensi?”, “che avresti fatto?”, “che avresti detto?”). (Cfr., Analisi transazionale; A che gioco giochiamo, Bompiani). In una relazione si deve comunicare cosa si vuole. Se ci soffochiamo offriamo il terreno ad una relazione patologica. La relazione anziché essere basata sul confronto è basata sulla delega, sulla deresponsabilizzazione. Tutti possono costruire relazioni, ma non relazioni specifiche, tranne il caso in cui non lo vogliono. Non con tutti si ha lo stesso livello di relazione. Come fare morire una relazione? Almeno uno dei componenti decide di farla morire. La relazione muore se alimentata da: idee romantiche; mancanza di spontaneità (io svaluto che l’altro possa scegliere); assenza di desatellatizzazione; gioco del passato/presente; segretum (tengo per me alcune idee); ritenersi depositari di verità (faccio morire una relazione se ritengo di essere il detentore di una verità oggettiva e pretende che l’altro cambi tutta la sua vita). La relazione termina in modo sano se i componenti si concedono il permesso di dare valore a ciò che ritengono necessario per il proprio benessere. Terminare una relazione non significa necessariamente cessare, ma farla scalare, e ci sono esempi diversi, cioè si sviluppano processi psicosomatici diversi. Ci sono, ancora, quattro aree insane nelle relazioni: amanti; conversioni spirituali; amicizie platoniche; passioni improvvise e sempre nuove. Come si nutre una relazione? La relazione dipende da entrambi. Una relazione si nutre se i componenti abbandonano convinzioni deresponsabilizzanti riguardanti la relazione stessa. Più che tecniche si deve agire su convinzioni. Se la relazione non si nutre muore. Ogni relazione è e può essere nutrita e cambiata se tutti i componenti decidono di farlo. Devono lavorare entrambi, ci deve essere una decisione unanime di quelli che l’hanno costruita. Non sono gli uomini che ti feriscono, ma l’idea che ti fai di loro. Bisogna discernere se si sta convivendo per condividere qualcosa o se c’è uno sfondo masochistico. C’è un modo per rendersi conto di che relazione c’è? La regola del perché. Un individuo chi è? Ciò che dice di essere o ciò che fa nei suoi comportamenti, nel suo linguaggio, attraverso ciò che manifesta? Attraverso il perché giustifico su argomentazioni che non mi devono riguardare. Giustificare è colludere, preparare il terreno affinché la relazione possa spaccarsi. In una relazione ci deve essere il rispetto, bisogna stare su due livelli uguali. Dopo può arrivare l’amore. Bisogna imparare a rispettare una persona, cioè stare sullo stesso livello dell’altro. Considerare la persona come me, con le mie stesse potenzialità. Il linguaggio è importantissimo. Io posso creare una relazione solo se sono sullo stesso livello dell’altro. Bisogna relazionarsi con il rispetto. (Cfr. Come utilizzare le emozioni in modo intelligente, Piemme). Come si evolve una relazione? Mediante una messa in discussione dei presupposti che ne hanno generato una nascita. C’è un rito di passaggio esplicito dal tempo della nascita di una relazione all’evoluzione implicita. Poi, c’è la strutturazione della relazione e il proseguo della relazione, che può essere implicito o esplicito. I riti di passaggio sono impliciti. Sono cose a cui noi diamo significato. Non per tutti sono uguali. Seguono il passaggio dalla nascita all’instaurarsi della relazione. L’attribuzione di significato data ai gesti viene considerata univoca. L’attribuzione di significato non è esplicita. Viene tutto confuso dai nostri pensieri. Quando si esprimono concetti non concreti si nominalizza. La strutturazione della relazione avviene su dei presupposti che io considero veri e che credo siano veri anche per le altre persone, perché mi baso sulle nominalizzazioni. In questa fase io parlo con una persona, ma utilizzo il linguaggio, utilizzando nominalizzazioni. Noi strutturalizziamo senza rendercene conto. Le nominalizzazioni spesso sono chiare soltanto a noi stessi. Dipendono dai valori che un individuo considera ok per se. Dirò che per me è importante il rispetto. Ciò che non voglio, ciò che voglio. Sono limiti che ci danno i nostri valori. I valori dipendono da convinzioni, cioè dal senso di certezza che un individuo attribuisca ad una informazione. Le convinzioni dipendono dai presupposti, cioè dagli elementi in base ai quali io considero vera l’informazione.
NOMINALIZZAZIONI
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VALORI
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CONVINZIONI
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PRESUPPOSTI
Devo capire che significato do alla nominalizzazioni, ad es. quando dico amore per me cosa significa essere amato praticamente e amare praticamente. Come posso sentire di amare qualcuno? Quando dico che amo qualcuno in modo concreto come mi voglio sentire? Quali comportamenti sono disposto a mettere in atto. Cosa voglio sentirmi dire? Quali comportamenti desidero che l’altro metta in atto per me? Cosa sono disposto a dire? Che sensazioni voglio? Quali comportamenti sono disposto a mettere in atto?
PENSIERI + EMOZIONI + SENSAZIONI + COMPORTAMENTI
1.Devo chiarire quali sono i miei valori.
2.Gerarchizzare i miei valori non devono esistere ex-equo. Il primo è il valore senza il quale sento che la mia vita è zero.
3.Elaborare una seconda piramide in base al modo in cui uso il tempo e da come mi comporto e dai pensieri che esprimo che piramide metto in atto.
4.Confrontare le due piramidi per chiarire a me stesso i miei valori. Se no non posso realizzarmi con un altro. (Cfr., Robins, Come migliorare il proprio stato mentale).
L’importante è il posizionamento dei valori, che rende il rapporto inconciliabile. Una volta che vi siete chiariti dobbiamo confrontarci con qualcun’altro. Come faccio a costruire una relazione con l’altro? Attraverso la frequentazione e il dialogo. Tramite questi si capiscono i criteri pratici tramite i quali la persona materializza i suoi valori. Bisogna ascoltare per assumere consapevolezza. Attraverso il dialogo e la frequentazione posso: ESPRIMERE, CAPIRE, CHIEDERE. Il mondo di ogni essere è: ESSERE, AVERE, FARE. Così, avrò una serie di effetti che produco io stesso; è la qualità di come noi ci relazioniamo con noi stessi che sta alla base delle nostre relazioni. La frequentazione prevede un dialogo specifico. Devo dare il permesso di farmi fare domande, ma io devo essere coerente.
Il tempo presente va verso una meta attraverso dei tempi, brevi, medi, lunghi. Sono nel presente e mi devo chiedere che tipo di relazione posso costruire. La relazione più è intima più necessita di presupposti condivisi. Più voglio che sia di qualità bassa meno devono essere condivisi o addirittura impliciti. Questa relazione ha in se la potenzialità di potersi fare e stare bene. Le persone con il tempo non cambiano, ma anzi si irrigidiscono sempre di più in base ai presupposti. A meno che loro non decidano di cambiare, mettendo in discussione i presupposti, valutando sempre nel presente. Il logos che dò alla mia vita dipende dai miei valori e dalla loro messa in atto. Credere di, presupporre di, genera ogni azione disfunzionale per se. Non si può avere relazione se non c’è esplicitato a me stesso la mia piramide dei valori. Il rischio enorme è quello che l’altro non ha valori simili ai miei. Se voglio avere rapporti devo basarmi sulla mia piramide di valori, solo dopo averla espressa a me stesso. Si parla di Neuroassociazioni miste, cioè attrazione e paura, quando nella mente non sono state unificate le due piramidi. Questo genera confusione. Bisogna controllare i propri valori, comportamenti, pensieri. Bisogna chiarirsi, e lo si fa solo creando una sola piramide. Quando si fa chiarezza si sa chi voglio essere, cosa voglio essere, cosa voglio fare. Nel presupposto cattolico c’è l’unicità della persona, nell’oroscopo invece si ha una categoria di persone. L’uomo deve individuarsi, cioè rendersi una persona unica. Ognuno è unico e deve realizzare se stesso. Devo rendermi individuo anche rispetto ai mas media. In una relazione è importante che sia chiaro: NON POSSO FARTI STARE MALE/BENE RISPETTO A QUELLO CHE TI DICO, FACCIO, PENSO AL POSTO TUO. Quello è alla base del dialogo tra le persone. Se non ci individuiamo abbiamo bisogno degli altri. Es.: Se ho l’idea che mi dici qualcosa e riesci a farmi stare male, mi servi senza che io me ne accorga. Scendere in campo in una relazione ci porta a condividere qualcosa e questo arricchisce la nostra piramide di valori. Se incontro una persona devo avere una scala di valori ben chiara e se ci sono due valori uguali non mi dice che sono uguali, perché sono nominalizzazioni; devo controllare come sono vissuti. Come si recupera una relazione? Bisogna scalare la relazione per recuperarla. Ci vuole un dialogo strutturato con un punto d’inizio e un punto di fine. Si devono abbandonare i giochi, es.: “sì, ma”, “non è la volontà che mi manca”, “è tutta colpa tua”, due che si sono separati e continuano a frequentarsi. Bisogna abbandonare i giochi, che sono una forma patologica della comunicazione. Per rivitalizzare la relazione si agisce sul passato. Si fa un esame reale su quello che si è generato fino a quel momento. Ma lo si fa in tre modi: con buona fede, intenzione positiva, essere consapevoli di conoscere processi che prima non si conoscevano. Il passato ha valore, ma si blocca e si guarda avanti. Il “sì, ma” non ci permette di staccarci dal passato. Sono giochi psichici che portano ad una modalità patologica di comunicare.