Cari dolci nonni
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Una scuola materna in cui i nonni possono cantare le ninne nanne.
Era agosto dell’anno scorso, quando a Como, nel cortile di Villa Gallia, tra la folla di gente che stava partecipando al festival Parolario, ho udito una frase dolcissima: «Una volta i vecchi non si lasciavano negli ospizi, ma in casa a cantare le ninne nanne». Era lo scrittore Mauro Corona a parlare. Una frase che lascia molto su cui riflettere, perché oggi gli anziani sono ritenuti, da troppi, un peso e vengono affidati a badanti sconosciute, o a case di riposo, in cui il loro unico tempo rimane quello dell’attesa della morte. Si dimentica troppo spesso chi sono stati in passato e quello che hanno fatto per i loro figli e si dimentica soprattutto che un tempo, quando i figli erano troppo piccoli per poter badare a loro stessi, questi vecchi di oggi, allora erano forti, lavoravano e cantavano le ninne nanne. Certo, con il progredire dell’età, quando finalmente possono andare in pensione è anche giusto che non lavorino più, ma questo non implica il non poter più cantare le ninne nanne. I nonni per i bambini sono i saggi delle favole, il “grande puffo” dei cartoni animati, il capo famiglia del romanzo “I Malavoglia”, che forse riletto oggi potrebbe insegnare molto alle famiglie che non esistono più. Fortunatamente, c’è chi ha capito il valore degli anziani: a Seattle vi è una scuola materna speciale, perché è anche casa di riposo per anziani, la Intergenerational Learning Center di Providence Mount Saint Vincent. Un’idea che tutti gli Stati dovrebbero copiare.