Carlo Borromeo: teatrante e artista

Carlo Borromeo: teatrante e artista

di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia

Saggio sulla figura di San Carlo Borromeo, tra arte e teatro.

Abstract

Questo saggio analizza la figura del Cardinale Carlo Borromeo teatrante, artista e museologo. Non solo, quindi, religioso, ma  notevole figura storica che verte su aspetti pluridisciplinari, irradiando il sacro in ogni campo. Intento a combattere aspramente ogni attività ludica vissuta in modo baccanale. Attua cosi interventi di ripristinazione del sacro vertendo su aspetti cittadini e aprendo le porte al Barocco tramutando ogni eccesso ad elevazione artistica, attraverso colori forme e tematiche sacre.

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CARLO BORROMEO, TEATRANTE, ARTISTA E MUSEOLOGO.

      Il Cardinale Carlo Borromeo, personaggio storico di notevole importanza, studiato ed approfondito da vari studiosi, viene qui presentato in qualità di genio pluridisciplinare, impegnato nella sua missione d’uomo di Chiesa, ben attento all’arte, come espressione di tutto un sapere che ha bisogno d’immagini esplicite per far vivere pienamente il suo messaggio.

    Vedremo come i suoi intenti di disciplinamento religioso, per la città di Milano, lo portano a vestire i panni di rigido educatore e riformatore in ogni campo, sia nella vita cittadina che dentro le mura della diocesi.

    Numerevoli sono state le sue azioni rivolte al ripristinamento del decoro nelle piazze al fine di proteggere il sacro.

  Ancora, il ruolo d’evangelizzatore, teatrante, artista e persino museologo, nel suo organizzare la disposizione di materiali liturgici.

    Un’importante figura, che pur con la sua severità avvia il mondo del barocco, che celebrerà lo sfarzo della Gloria cristiana.

     Il Cardinale Carlo Borromeo si attiva per riportare l’ordine della festività religiosa, disturbata fino alla distrazione del vero significato evangelico su cui è costituito l’anno liturgico.

     Quindi, con un’azione di riforma riporta l’ attenzione al percorso di rievocazione della vita di Cristo.

  1. LA PIAZZA AI TEMPI DI SAN CARLO.

    Ai tempi in cui vive San Carlo, la pubblica piazza viene coinvolta, in modo particolare, diventando lo scenario di squilibratezze senza prestare attenzione ai luoghi sacri situati nelle vicinanze, come ad esempio le iconografie mariane poste nei vicoli, o le statue di devozione cristiana.[1]

    Carlo Borromeo si attiva per  riportare l’attenzione sul decoro nelle strade  ordinando di raccogliere ogni forma d’arte, statue, icone, situato per strada per collocarla all’interno delle chiese al fine di proteggerle da comportamenti indecorosi e ritrarle in un ambiente protetto e sacro.

    Verranno, successivamente, formati dei gruppi di devoti con il compito di recitare il rosario, che prenderanno appunto il nome di Confraternite del rosario.[2]

     Il cardinale Borromeo combatte contro gli spettacoli profani con la stessa arma, cioè con il teatro stesso, evocando una catarsi di questa forma d’arte, quindi volgendola alla catechesi.

     Cosi, come lo vediamo impegnato in una dura lotta contro la teatralità mondana, grottesca e chiassosa, allo stesso modo lo troviamo impegnato a promuovere una forma devozionale, ripulita dal fremitio della festa e rivolta al contegno, alla disciplina della celebrazione liturgica, attraverso processioni carismatiche che rievocano i momenti della morte e passione di Cristo.

     Con San Carlo l’antica processione assume un carattere di evangelizzazione, in una città caduta nell’indecoroso baccano della festività incontrollata.

     «Innanzitutto alla ricerca di una netta separazione tra sacro e profano e, in secondo luogo, all’invenzione di forme devozionali che fossero competitive con gli spettacoli profani, con l’obiettivo di fare del teatro di ognuno un tempo totalmente sacro o almeno un tempo in cui il sacro per ognuno avesse precedenza assoluta su tutto».[3]

 

     Una notevole testimonianza  ci viene fornita dagli atti del primo concilio provinciale del 1565, che testimoniano:

     «Quoniam pie introduca consuetudo, repraesentandi populo venerandam Christi Domini passionem et gloriosa martyrum certamina, aliorumque sanctorum res gestas, hominum perversitate eo deduca est, ut multis offensioni, multis etiam risui et despectui sit; ideo statuimus. Ut deinceps Salvatoris passio, nec in sacro, nec in profano loco agatur; sed docte, et graviter eatenus a Concionatoribus exponatur, ut qui sunt uberes concionum fructus, pietatem, et lacrymas commoveat auditoribus, quod adiuvabit proposita crucifixi Salvatoris imago, caeterique pii actus externi, quos Ecclesiae probatos esse Episcopus iudicabit. Item Sanctorum martoria, et actiones ne agantur; se dita pie narrentur, ut auditores ad eorum imitationem, venerationem, et invocationem excitentur».[4]

  1. VEGLIE NOTTURNE, PROCESSIONI, RITUALI.

 San Carlo rivolge particolare attenzione anche ad altri aspetti, come le veglie notturne, i contatti tra uomini e donne, le processioni con carri trionfali, conviti e agapi delle confraternite, e ancora impone una distinzione tra cena e lavanda dei piedi.[5]

     Vari furono i conflitti di Carlo Borromeo con le autorità civili, nel tentativo di riportare ordine e decenza.

     Il Borromeo, infatti, individuava il teatro come liturgia demoniaca, e notava che nei momenti di festa si veniva a creare un turbamento al sacro.

     Uno dei provvedimenti attuati dal Borromeo riguarda la sospensione dell’ultimo giorno di carnevale, solitamente celebrato nell’ultima domenica di Quaresima.

     Carlo Borromeo arrivando da Roma cerca di portare ordine nella liturgia milanese, in una Milano già in passato “liberata” dalla peste, attraverso la fede.

    Il cardinale sulla base di quest’esperienza di salvezza del popolo milanese e stimola il ricordo come memoria di un Dio presente e quindi stimola il popolo ad una devozione profonda in cui non viene sottovalutato il timore di Dio e delle conseguenze del peccato. Rievoca la peste in Milano come castigo divino ad una vita spensierata, sottolineando con fermezza che la liberazione era stata ottenuta proprio alla vigilia della prequaresima.

     Il cardinale richiama rigidamente l’attenzione alla salvezza già avvenuta e invita a non ricadere nel peccato, per non attirare sulla città un altro castigo divino.

    Il Borromeo invita il popolo ad una vita di preghiera, come nella Lettera ai Colossesi di San Paolo:

    « Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! ». (Col. 3, 1-3).

 

     Diversi sono i contrasti che si aprono tra il Borromeo e le autorità civili, alcune testimonianze sono:

     «Vediamo non senza continuo nostro dolor… scordate le riforme, niuno pensiero, nonché esecuzione di veri frutti penitenza, più dissoluzioni che mai delli giovani alle Chiese e per le Contrade ove si va alle Stazioni…, moltiplicati gli sfoggiamenti, e pompe, niun termine alle crapule, e alle detestabili conversazioni delle bettole e hosterie, e le Chiese… vote di popolo, e neglette, e quel che serve a disviar affatto, di nuovo introdotte maschere, conviti, giostre, balli, spettacoli…con migliaia di dissoluzioni che ne vanno appresso in questi tempi, specialmente di Settuagesima, sessagesima e Quinquagesima…».[6]

 

      «Stando  il S.S. Sacramento… discoperto nelle Chiese dove si celebrano le quarant’hore conforme al laudabile costume, che in questa città e stato si tiene, acciò che il popolo concorra a prepagarlo con le sue devote orazioni nell’occorrenza e bisogni… è cosa di mal esempio e di sconveniente che siano e vadino mascare per la contrada dove si celebrano le dette quarant’Hore, che passino gridando, disturbando, inquietando e divertendo il popolo e devoti Cristiani che sono in la detta oratione. Pertanto…Sua Eccell. Comanda che niuna persona di qualunque qualità che sia, ardisca passare in maschera  a piede, né cavallo, gridando, né facendo rumore, con parole dishoneste, né in altro modo di rumori e gridi per la contrada dove siano le dette Chiese…».[7]

 

     «strepitavano quasi sulle porte della Chiesa, et intorno, tamburri, trombe, carrozze di concorso, gridi e tumulti di tornei, corriere, giostre, mascherate e altri simili spettacoli profani con pubblico e scandalosissimo disturbo…Oltre che disturbi et impedimenti così fatti, erano spesse volte nella piazza istessa della Chiesa, e le strade per dove passavano le processioni, e per dove anco noi andavamo alla Chiesa, di maniera che alle volte fummo in un certo modo impediti».[8]

 

  1. EPISTOLE DEL BORROMEO.

     Significativo è l’avvenimento citato dal Cattaneo[9], riguardo l’astio tra il Borromeo e il governatore di Milano, Marchese d’Ayamonte. Il marchese, infatti, aveva organizzato per i milanesi giochi, feste e mascherate, in ogni domenica di carnevale, e il popolo aveva ben accettato accorrendo numeroso.

      Il Borromeo cercò di rispondere promettendo cento giorni d’indulgenza a chi invece avesse partecipato alle funzioni religiose. Questa occasione incentivò il cardinale anche dal punto di vista letterario.

     Il 22 febbraio il Borromeo pubblica un’ epistola, in cui condanna le «profane invenzioni del demonio, con migliora di dissoluzioni, che ne vanno appresso in questi tempi specialmente di Settuagesima, Sessagesima e Quinquagesima consacrati a pianto e lutto sopra l’esilio nostro in questa valle di miserie».[10]

    Ancora, pubblica l’editto per l’osservanza della Quadragesima in esecuzione del Concilio di Trento et de i Concilii Provinciali.[11]

     Pubblica, il Memoriale, al popolo milanese, in cui condanna la pazzia carnevalesca di chi non riconosce la salvezza Divina (sempre citando l’episodio della peste) e non rende grazie. [12] Il Borromeo lancia anche numerose scomuniche sui milanesi che prendono parte alle feste “baccanali”.

     Il 4 febbraio 1581 pubblica un altro editto[13] per l’ultima settimana di carnevale e la quaresima. Il 29 gennaio 1584 pubblica una lettera con la quale stabiliva un nuovo ordine di processioni e Comunioni generali per la settimana si settuagesima ed altri esercizi spirituali per le altre due settimane di prequaresima.[14]

     L’intervento del cardinale Carlo Borromeo verte anche sul carnevale, come avvenimento che investe violentemente sul clima di preghiera e di preparazione cristiana alla Pasqua, portando un clima di disordine e scandalosa metamorfosi.

     Interessante è, in merito a quanto detto, un suo testo del 1579:

     «Siano ormai perpetuamente bandite le maschere, con le quali pare che gli uomini studino non solo di trasformarsi, ma di scancellare in un certo modo quella figura che Dio ha dato loro; anzi, alcuni vanno tanto innanzi in quella brutta pazzia, che rappresentano quelle metamorfosi antiche con trasformazioni in bestie».[15]

     Con il Borromeo si viene a creare una nuova forma di festa e di pratica devozionale, che porta severità e rigore nei soggetti protagonisti, il tempo, lo spazio, il gruppo.

      Il tempo visto come tempo liturgico, di rievocazione della vita di Cristo, spazio, come città, e gruppo come popolo fedele, credente e praticante e viene sottolineato come il caos della piazza viene a disturbare tutto questo.[16]

     In alcuni casi i travestimenti arrivavano all’interno della chiesa, disturbando l’esposizione del S.S. Sacramento per la celebrazione delle Quaranta ore:

     «Che nessuna persona di qualunque qualità che sia ardisca entrare con maschera nelle dette Chiese…ancor che entri a fare oratione, poi che non è cosa decente, né conveniente, che stando il S.S. Sacramento discoperto se gli faccia orazione con maschera, oltre che di tali mascherati non si presume che entrano con la intenzione che si deve…».[17]

 

     Il Borromeo voleva riportare Milano alla moralità dettata da Sant’Ambrogio, ne è testimonianza la Lettera pastorale sulla Settuagesima, emanata il 1 febbraio 1574:

     «Questi erano gli esercizi e le occupazioni della Chiesa, e di tutti i fedeli in questi tempi di s. Ambrogio, così di pianti, lagrime, penitenza, riconciliazione ed altre simili opere per riconciliarsi con Dio, e così essere disposti al digiuno Quadragesimale, in luogo delle quali tanto ha prevalso il Demonio, che si sono introdotte risse, inimicizie, giuochi, balli, commedie, spettacoli, conviti, crapule, e ogni sorta di dissoluzioni e offese di Dio».[18]

     Secondo alcune testimonianze sembra che il disturbare le celebrazioni liturgiche e le diverse forme di preghiera, sia stato voluto proprio dall’intenzione di creare una sorta di invasione nel sacro, per distogliere l’attenzione dei fedeli attirandoli anche all’altra faccia della festa.

     «Ed in giorni di festa, anzi nel medesimo tempo, che nelle Chiese si dicono i divoti officij, e sta scoperto sopra l’altare per l’orazione pubblica il S.S. Sacramento, o si porta in processione, vediamo far concorrenza agli spettacoli profani, e quasi su le porte della Chiesa Maggiore, quando suonano le campane invitando i fedeli a vedere Cristo impiagato, e morto per i peccati nostri, suonano le trombe, strepitano i tamburi a disviar gli uomini dalla Chiesa, dalli divini officij, e tirargli alle giostre, e spettacoli profani; e vedere crocifiggere di nuovo Cristo con tanti nuovi peccati».[19]

  1. LA QUARESIMA SECONDO SAN CARLO.

    Le preoccupazioni per l’ordine morale dettate dal Cardinale Borromeo portano il Trionfo della Quaresima, ma anche la morte della festa che ebbe inizio nella metà del XVIII secolo.[20]

     Più che morire assume un carattere diverso, viene a  trasformarsi il suo aspetto baccanale in un’esperienza in cui l’invisibile diventa visibile. Si vive un tempo che rievoca un altro tempo.

     Ed è questo il significato della Pasqua, ecco perché con la morte della festa trionfa la Quaresima. Si vive il tempo in cui si rinnova il patto di Dio con il suo popolo.

     Viene rievocata la storia della Salvezza, “l’inizio dei mesi” (Es 12,1), Viene rievocata la storia della Salvezza, le ore della veglia corrispondono alle ore in cui il corpo del cristo giace nel sepolcro e la notte è simbolo della consumazione del mondo, è l’ultima ora che porta alla resurrezione- liberazione.

     Un altro aspetto interessante sono le processioni che hanno un ruolo fondamentale nell’aspetto artistico della città, e nella vita spirituale dei cittadini.

     La città di Milano vede, così, un rinnovamento spirituale che coinvolge anche la teatralità e l’arte. Due forme d’espressione molto comunicative che aiutano e stimolano la mente dell’uomo, nel suo cammino evolutivo verso una profonda moralizzazione.

     L’uomo guidato all’imitazione di Cristo sente il bisogno di vivere intensamente le ricorrenze festive.

     Frequenti diventano le processioni che prendono sempre più i caratteri scenografici. Durante la processione viene dato un ordine rigoroso per la fila dei partecipanti, seguendo una gerarchia sociale.

     Dopo il celebrante seguono i membri delle confraternite, prima gli uomini, poi le donne, i bambini e il popolo fedele.

      Un interessante esempio di processione a Milano lo si può riscontrare nella Quaresima del 1587 dei padri barbiti di Milano[21].

  1. L’ARCHITETTURA MILANESE AI TEMPI DI S.CARLO.

          Con la venuta del Cardinale Carlo Borromeo a Milano si sviluppa un incremento di edifici religiosi, per far fronte al potere civile, dando un rilevante apporto cristiano all’urbanistica milanese.

    Si parla d’intento «di trasformare la città intera in una scena destinata alla rappresentazione di una cerimonia religiosa».[22] L’archittetto Pellegrino Tibaldi, chiamato dal Borromeo per progettare il nuovo volto della città ha progettato edifici dalle caratteristiche monumentali e scenografiche.

    Secondo la Scotti si è trattato di «forme compiute, strutturate plasticamente in volumi, atte a qualificare con la loro presenza la scena urbana».[23]

    Il cardinale si preoccupa anche di dare precise indicazioni riguardo l’aspetto architettonico. In Istructiones Fabricae di San Carlo si notano tutti gli accorgimenti e le preoccupazioni per gli elementi di impatto visivo con la città, come la facciata delle chiese che deve essere animato da simboli atti a dare rilevanti informazioni visive sul messaggio della Salvezza.

     Milano così viene ad assumere l’aspetto di grande scenografia, di città ricca di movimento, azione, con una presenza cristiana stabile e ricca di attività, non più come devozione intima, ma come devozione condivisa da una popolazione attiva e mossa da una spiritualità matura che vuole connotare l’ambiente urbano come specchio dell’anima volta a Dio, non più, quindi una città che esprime il proprio potere civile, ma una città rivolta soprattutto a Dio. Ed è proprio qui che ben si nota il forte attrito tra San Carlo e l’autorità civile.

     Tra il quattrocento e il cinquecento, la città di Milano subisce una trasformazione dell’immagine urbana. Né è un esempio l’asse di via Torino,[24] dove emergono la basilica di  Basilica di San Lorenzo e il Duomo.

    San Carlo rivolge le sue attenzioni anche agli interni della Chiesa, in particolare al luogo in cui avviene il sacramento della confessione.

    Nel 1576 a Milano, con san Carlo Borromeo, nasce il confessionale moderno, che compare per la prima volta nel Duomo di Milano in occasione del giubileo, e viene ufficializzato dalle Istructiones[25] nel 1577, e tra il 1576 e il 1577 viene definito confessionale ‘complesso’ borromaico.[26]

     Il confessionale assume forme diverse, da mobile aperto situato in prossimità dell’altare o nel recinto del coro, diventa un mobile fisso e provvisto di porta. In epoca barocca viene tripartito, assume una forma artistica e sontuosa.

  1. CONCLUSIONI.

    Questo personaggio quindi, come abbiamo visto, nel corso della sua vita si impegna non solo per riportare il decoro nella morale e nella condotta di vita dei cittadini Milanesi, ma abbraccia tutti i campi possibili, si riveste non solo degli abiti di Chiesa, ma anche di teatrante, artista, museologo nel predisporre l’arredo liturgico, e addirittura di architetto, nel modificare il confessionale.

RIASSUNTO

Questo saggio analizza la figura del Cardinale Carlo Borromeo teatrante, artista e museologo. Non solo, quindi, religioso, ma  notevole figura storica che verte su aspetti pluridisciplinari, irradiando il sacro in ogni campo. Intento a combattere aspramente ogni attività ludica vissuta in modo baccanale. Attua cosi interventi di ripristinazione del sacro vertendo su aspetti cittadini e aprendo le porte al Barocco tramutando ogni eccesso ad elevazione artistica, attraverso colori forme e tematiche sacre.

SOMMARY

The paper analyzes the figure of Cardinal Carlo Borromeo  actor, singer and museologist. Not only a religious, but eminent historical figure who focused on multidisciplinary aspects, putting the sacred in every field. Nontheless he fought harshly every leisure activity lived in a bacchanal way. He restored the sacred throught citizens aspect opening the doors in this way to Baroque excess, to transmuting every artistic elevation through colors, forms and sacred themes.

[1] Cfr., Bachtin M., L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino 1979. Ginsburg G., Folklore, magia, religione, in Storia d’Italia, I, Einaudi, Torino 1972; Pacciani R., La città come palcoscenico. Luoghi e proiezioni urbane della sacra rappresentazione nella città italiana fra Trecento e Quattrocento, in Ceti sociali ed ambienti urbani, Viterbo 1986; Rivera A., Il mago, il santo, la morte, la festa, Forme religiose della cultura popolare, Edizioni Dedalo, Bari 1988.

[2] Cfr. Gatti Perer M. L., Per la definizione iconografica della Vergine del Rosario, L’istituzione della compagnia del Santo Rosario eretta da San Carlo e l’edizione italiana figurata del 1583 delle «Rosarie preces» di Bartolomeo Scalvo, in Aa.Vv., Carlo Borromeo e l’opera della «Grande Riforma», Cultura, religione e arti del governo, nella Milano del primo Cinquecento, Milano 1997. Cfr. in merito al tema delle Confraternite del Rosario: Meerssemann G.G.,op, Le origini delle Confraternite del Rosario e della sua iconografia in Italia, in Atti e Memorie dell’Accademia Patavina di scienze, Letteratura ed Arti, 1963-1964, vol. LXXVI, parte III, pp. 222-225 (I) e 301-327 (II); Rosa M., Pietà mariana e devozione del Rosario nell’Italia del Cinque e Seicento, in Religione e Società nel Mezzogiorno tra cinque e seicento, De Donato edizione, Bari 1976, pp. 217-242; Heinz Mohr G. –Sommer V., La Rosa, Storia di un simbolo, Milano 1988.

[3] Bernardi C., La drammaturgia della settimana santa in Italia, Vita e Pensiero, Milano 1991, p.256. Cfr., Dallaj A., Le processioni a Milano nella Controriforma, «Studi storici», 23 (1982), p. 181.

[4] Ratti A. (a c. di), Acta Ecclesiae Mediolanensi, a San Carlo Cardinali S. Praxedis archiepiscopo condita, Tipografia Pontificia, Sancti Iosephi, Mediolani , Milano 1890-1897, II, coll. 37-38.(d’ora in poi sarà citato con AEM).

[5] Dallaj A., Le processioni a Milano nelle Controriforma, «Studi storici», 23 (1982), pp.176-177. Crf., Ferri Piccaluga G., Architettura e Controriforma: il «nuovo corso» in Valle Canonica, «Quaderni Comuni», 9 (1980), pp.17 ss.; Bernardi C., La drammaturgia della settimana santa in Italia, p.257.

[6] Castiglione G.B., Sentimenti di San Carlo sugli spettacoli, Bergamo 1759, p. 94, (Lettera del Borromeo del 22 febbraio 1579).

[7] Archivio Storico Civico di Milano, Gride 3, 61 (2.2.1571).

[8] Dal’Editto per la prohibitione di giostre, e spettacoli nelle domeniche e feste, 7.3.1579, in AEM, op. cit., col. 1113-1116.

[9] Cattaneo E., Carnevale e Quaresima nell’età di San Carlo Borromeo a Milano, op. cit., pp. 61-62.

[10] Castiglione G.B., Sentimenti di San Carlo Borromeo intorno agli spettacoli, op.cit., p. 190.

[11] Cfr. facsimile in «Humilitas.Miscellanea storica dei seminari milanesi» 1928, p. 52.

[12] AEM, op. cit., II 710-824.

[13] AEM, op. cit., II 1129-1134.

[14] AEM, op. cit, III, 498-500.

[15] AEM, op, cit., v. III, col. 710.

[16] Cfr. L’appendice di questa tesi.

[17] Archivio Storico civico di Milano, Gride 3, 61.

[18] AEM, op. cit., v.III, col. 491.

[19] Castiglione G.B., Sentimenti di San Carlo sugli spettacoli, op. cit., pp. 94-95.

[20] Cfr., Burke P., Popular culture in Early modern europe, London 1978, trad. It., La cultura popolare dell’europa moderna, Mondadori Milano 1980.

[21] Cernuschi L.M., Dell’origine e progressi di S. Barnaba dal 1533 fin sotto al 1700, Archivio Storico S. Barnaba di Milano, ms. (s.d.), p. 23.

[22] Simoncini G., L’idea della città cristiana negli scritti di Pellegrino Tibaldi, «Arte Lombarda», 94/95 (1990), pp.55-65.

[23] Scotti A., Architettura e spazi urbani nell’opera di Pellegrino Pellegrini, , «Arte Lombarda», 94/95 (1990), pp. 65-75. Id., Pellegrino Tibaldi e il suo «Discorso dell’Architettura» in Aa.Vv., Fra Rinascimento, Manierismo e Realtà. Scritti di Storia dell’arte in memoria di Anna Maria Brizio, Firenze 1984, pp.119- 127. Haslam R., Pellegrino de’ Pellegrini, Carlo Borromeo and the public architecture of the Counter-reformation, , «Arte Lombarda», 94/95 (1990), pp.17-30. Gatti Perer M.L., Le opere e i giorni di Pellegrino Ribaldi e il rinnovamento dell’arte cristiana, , «Arte Lombarda», 94/95 (1990), p. 10. Pellegrini P., L’Architettura, Edizione Il Profilo, Milano 1990, pp. 59-61.

[24] Cfr., Rossi M., Trasformazioni dell’immagine urbana e decorazione pittorica tra Quattrocento e Cinquecento, in Milano ritrovata, L’asse di via Torino, Il vaglio cultura e arte, Milano 1986, pp. 157-177.

[25]AEM, op. cit., vol. II, pp. 1177, 1967.

[26]De Boer W., The Conquest of the Soul. Confession, Discipline And Public Order in Counter- Reformation Milan, Leiden-Boston-Köln 2001, p. 84.

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