Difendersi è lecito o è reato?
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Da un caso di cronaca: un uomo uccide il ladro per difendersi.
La Giustizia ha l’arduo compito di giudicare chi è il colpevole in una determinata situazione e di conseguenza, anche quali sono le sue pene. Chi applica le leggi non può sottovalutare l’umanità delle vite che ha nelle proprie mani. Una condanna colpisce una vita di un essere umano fatto di carne ossa e anima. Dante questo lo aveva capito incontrando Paolo e Francesca nell’Inferno: “e cadde come corpo morto cade”. Al racconto delle donna aveva compreso, e si era commosso al punto di svenire: la pena di queste due anime puniva una legge terrena e violava una legge divina, che era un comandamento naturale di amare. La giovane donna, Francesca, era stata data in moglie ad un uomo che neanche conosceva, più grande di lei e la vita poi, con tutta la sua casualità, le aveva messo davanti agli occhi il fratello di quest’uomo: giovane e bello. I cuori di Francesca e Paolo, che erano cognati, non avevano conosciuto peccato, eppure erano stati dannati per l’eternità. Dante, raccontando questo episodio ha esposto un grave fatto, che consiste nel giudicare secondo le leggi terrene sottovalutando il cuore degli uomini. Nei giorni nostri capita moto spesso di sentire notizie di cronaca e di attendere il giudizio finale; come ad esempio il recente caso di un certo Giuseppe Caruso che in Sicilia, a Puntalazzo di Mascali ha ucciso Roberto Grasso, il quale si era introdotto nel terreno di Caruso per rubare. Si tratta evidentemente di una tipologia di reato che rientra nella fattispecie di un omicidio, ma chi ha ucciso può essere considerato e condannato come un Killer? Lo scorso 15 settembre l’avvocato Lipera, difensore del signor Caruso, a conclusione della sua arringa ha chiesto l’assoluzione spiegando che questi, come si evince dalla perizia del medico legale, ha riportato lesioni dovute ad una colluttazione, con il ladro. Il proprietario, che si è visto in pericolo ha agito per difendersi. Tra le testimonianze emerge, infatti, che Caruso “abbia detto ai carabinieri di avere subito numerosi furti nell’ultimo periodo e di essere stanco. Così, quando, per l’ennesima volta, qualcuno si è introdotto nella sua proprietà, non ha visto altra strada possibile”. Difesa per se stesso, per la moglie e per i propri beni, la propria “roba”, che come insegna Verga in “I Malavoglia”: la roba, le proprie cose, sono, in particolare per i siciliani un prolungamento della vita stessa; i propri beni materiali, anche se non li porteremo all’altro mondo con noi, sono, mentre siamo in vita, una necessità primaria di questa terra e ci aiutano a soddisfare i nostri bisogni terreni, proprio per questo è istintivo proteggerli come se fossero nostri cari o prolungamento del nostro stesso corpo. «Difendersi non è un diritto ma è un dovere!» – esclama l’avvocato, e aggiunge anche, che «gli insegnamenti vengono fuori dalle sentenze e non dal codice. Attraverso una sentenza si manda un vero segnale all’opinione pubblica su come ci si deve comportare nella vita di tutti i giorni. Si tratta di attimi di vita in cui scegli o la tua vita o quella degli altri». Questo, come tanti, non è solo un fatto di cronaca, ma come ben sottolinea l’avvocato è una vicenda che avrà nel suo finale una massima di vita per gli uomini del nostro tempo e anche per i posteri. Giudicare significa anche educare, informare, insegnare!
Aggiornamento del 27/10/2015 dalla pagina Facebook dell’avvocato Giuseppe Lipera, in merito all’odierna condanna di Giuseppe Caruso (71 anni) a 17 anni di reclusioni per omicidio del ladro che si era introdotto nella sua proprietà: