Il colore è una variabile dell’infinito di Roberta Torre
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
CRT, Teatro dell’Arte, Milano: Pierluigi Torre in Roberta Torre, Il colore è una variabile dell’infinito, con Paolo Rossi.
Il CRT, Centro di Ricerca per il Teatro, di Milano, ora Fondazione, è nato e vissuto per più di trent’anni nella mente e nelle mani del Professore Sisto Dalla Palma, docente di Storia del teatro e dello spettacolo in Università Cattolica del Sacro Cuore e in Università degli studi di Pavia. Personaggio dotato di alta sensibilità e profonda cultura, capace di indagare lo spessore degli spettacoli alla ricerca di novità e di originalità. Lo ricordo bene, perché è stato il mio relatore di ben due tesi e l’ho affiancato al CRT occupandomi dell’archivio storico. Il suo teatro era il luogo magico in cui i sogni diventavano realtà, in cui l’inaudito prendeva forma, il silenzio gridava e le grida tacevano, in cui la morte non arrestava nessuno, perché bastava un applauso per farla rivivere.
Quel palco era il luogo in cui “era bello immaginare quello che ancora non c’è”, frase che in questi giorni riecheggia sul palco milanese. Tratta dal nuovo libro di Roberta Torre, Il colore è una variabile dell’infinito edito da Baldini & Castoldi da cui è stato tratto lo spettacolo omonimo, che dal 13 maggio 2014 fino a giorno 8 giugno 2014 sarà in scena al CRT Teatro dell’Arte, in Viale Emilio Alemagna, 6 a Milano, con l’interpretazione di Paolo Rossi. Ed è su questo palco che Roberta Torre fa rivivere suo nonno. ”… Amava stare dietro le quinte…” ha spiegato alla presentazione del libro avvenuta il 21 maggio 2014 a Milano, in quel del 33 di corso Buenos Aires, dove un tempo vi era la Standa e ora vi è la libreria Feltrinelli. Presentata da Gian Paolo Serino, critico letterario e fondatore di Satisfiction, la nipote presenta Pierluigi Torre come un personaggio che amava fare regie occulte da dietro le quinte e lei, dopo anni, vincendo anche la morte, lo porta in scena al CRT per permetterci di conoscerlo.
Il messaggio che ne scaturisce, in un’epoca dove, ormai molto viene a mancare è che “è bello immaginare quello che ancora non c’è”. Un invito a non ostentare, a sognare a continuare a costruire quella “variabile dell’infinito” che ci manca: una rosa blu. Il simbolo di un’utopia rinasce e prende forma prima tra le righe di un libro che attende il suo lettore e poi su un palco in attesa di uno spettatore, che sappia coglierla ed assaporarne la bellezza. E presto ci sarà anche il film, una narrazione completa in ogni sua forma, una missione orientata a gridare all’Italia e al mondo intero che senza immaginazione non si può progredire.
Articolo pubblicato il 21 maggio 2014 su «Solosapere».
Si consiglia la lettura della mia intervista a Roberta Torre.