Il libro di Miccoli cura la nostra società

Il libro di Miccoli cura la nostra società

unnamed (1)di Tiziana Mazzaglia

Sempre più spesso ricorrono le frasi: mi sento depresso, sono depresso, sono apatico, preferisco non uscire… Ormai siamo abituati a leggere in questa chiave di “depressione” il male più diffuso nella nostra società, più propriamente e scientificamente chiamato “Hikikomori“. Una patologia ben spiegata e chiarita dal Prof. Avv. Michele Miccoli nel suo libro Hikikomori, Il nuovo male del secolo“, ed. Lupetti 2019. Una lettura essenziale, utile ad informare, conoscere e prevenire situazioni che potrebbe sfociare in irrimediabili finali. Miccoli, infatti, nel suo libro ispirato dall’incontro con il figlio di conoscenti afflitto da questo, ormai chiamato, “male del nostro secolo” ha subito percepito come impellente la necessità di fare aprire gli occhi a tutti attraverso la pubblicazione di un libro che è testimonianza storica e trampolino di lancio verso una via di salvezza. Un saggio che tra l’altro è stato addirittura premonitore, in quanto pubblicato a cavallo con il look down per la pandemia del Covid-19. Partendo dall’osservazione e ascolto di un caso reale si arriva ad avere un quadro completo di quelli che sono i campanelli d’allarme, spesso sottovalutati proprio perché non conosciuti. Come l’eccessiva voglia di solitudine, l’apatia, il mascherarsi nella riservatezza e l’aria mesta con cui si affrontano, giorno per giorno, le situazioni di routine. Un male anche cantato al Festival di Sanremo 2024, dalla vincitrice Angelina Mango “…a stare ferma a me mi viene la noiamuoio senza morire…”. Inoltre, soffriamo tutti da una forte dipendenza dal cellulare, che ci scherma dentro a relazioni che si possono definire pronte all’uso, che non implicano il dover uscire di casa e mettersi in gioco affrontando la realtà, ma molto spesso attraverso social ed app si possono contattare altre persone con cui scambiare messaggi per poi, al primo cavillo, basta eliminare e bloccare e il dado è tratto, si è liberi di chiudere senza dialogare e senza chiarire: perché i confronti costano troppa emotività. Una moda in cui molto spesso, venendo meno la possibilità di incrociare sguardi, ascoltare i toni di voce, regalare e farsi regalare sorrisi, viene poi meno tutta quell’energia vitale che si ha nei veri rapporti vissuti in presenza: quella presenza che dona emozioni e vitalità, anche solo con un incrocio di sguardi in cui sono racchiuse molte più parole che si potrebbero dire. Conoscenze virtuali, che possono sembrare eccitanti se viste come avventure, ma che non ti obbligano a uscire dagli schemi della propria vita per andare incontro all’altro. L’immediato, il delivero delle affettività, che porta a casa i sentimenti già pronti, sono nocivi alla salute mentale delle persone che sono fatte per vivere relazioni reali, costruite di incontri reali, di passeggiate all’aria aperta e sotto la luce del sole, stimolando addirittura la vitamina D che interferisce anche sull’umore, su quella tristezza che può degenerare in depressione. Il prof. Miccoli, docente Universitario e Avvocato penalista e Cassazionista a Roma, Milano, Parigi, ha presentato questo suo libro in numerose città italiane ed in particolare a Martina di Franca, in provincia di Taranto, ha avuto un’alta partecipazione di giovani molto interessati: sono stati stimati oltre seicento studenti. Autore anche di altri importanti libri, come “Codice rosso: quando l’uomo è vittima”, in cui finalmente si volge lo sguardo anche agli uomini vittime di rapporti amorosi malsani e di separazioni che influiscono notevolmente sulla loro condizione psicologica ed economica. Attualmente c’è anche un nuovo libro in fase di scrittura che vede la collaborazione di due note professioniste, come Annamaria Casale, psicologa/psicoterapeuta e giornalista e Anna Maria Bernardini de Pace, avvocato, saggista e giornalista.

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