Le brutture del manicomio e la bellezza della poesia
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
“La musica veniva dal cuore” l’esperienza del manicomio al limite della deturpazione umana non ha mutato l’anima di una grande “poetessa della gioia”: Alda Merini.
La poetessa Alda Merini si definiva “portatrice di un dono” in un’intervista pubblicata su YouTube al link: http://youtu.be/_7bymfrwsE8 Estratto dal documentario “Dall’altra parte del cancello” del 2009 scritto da Simone Cristicchi, regia di Albero Puliafito e riprese di Bruno Bonano. Qui, racconta di quando in manicomio ha ricevuto un paio di ciabatte, ma lei, voleva camminare a piedi nudi, perché si sentiva portatrice di energia e le scarpe le avrebbero impedito di poter lasciare scorrere questa energia sulla terra. Cita l’esempio di una farfalla a cui se si spolverano le ali le si impedisce di volare. E parla, parla, dello “sconcio del manicomio” di “ anni di silenzio” in cui « non ero più nessuno, ben felice di essere dimenticata, perché il cervello era saturo. (…) Nell’ Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam c’è l’elogio dell’impazzire per non capire più niente e infatti, in manicomio non capivamo più niente, chiamiamolo stato confusionale però, la musica c’era, non c’era nessuno che suonava, ma la musica veniva dal cuore». In un’altra intervista, “Più bella poesia è stata la mia vita” a cura di Vincenzo Mollica ( http://youtu.be/_KVQNEyYsFQ ) racconta di aver visto in manicomio il “Fare del male” per il male, senza alcuna gratificazione morale. In manicomio, dice: «il male è stato punto di grande osservazione demoniaca da parte mia e da parte di chi eseguiva il crimine. Capire che l’uomo non ha una regola nel male, ma solo un istinto che qualche volta può sembrare razionale, ma non lo è. Il manicomio è assenza di giudizio in attesa. Non si ha certezza del crimine, il matto non è criminale, ma si tende a compensare il crimine con la follia, che invece è buona». Una visione in cui ritrovo alcune tematiche dantesche. Infatti, nell’Inferno della Divina Commedia, chi più ama è in un luogo freddo, come Paolo e Francesca e chi meno ama soffre delle fiamme dell’inferno, perché più si avvicina a Lucifero, in un’assenza d’amore. Chi adoperava il crimine era più vicino all’inferno di chi era condannato. La Merini poi, parla anche di un altro fuoco, quello interiore, carnale legato alla nostra esistenza, e ne parla raccontando di essersi sentita chiedere, spesso, da ragazze giovani: “cos’è l’amore?”. Domanda a cui lei rispondeva: «L’amore è una brutta malattia, brucia e può anche fare molto male, è un grande rischio come la letteratura. La letteratura è un grande rischio per la propria vita e la propria esistenza, il letterato come il poeta è una spia che deve andare in giro per il mondo capire e non farsi capire. Nemmeno io capisco la mia poesia è un dono di cui io ne sono la portatrice». Poi, spiega di aver espresso alcuni suoi pensieri attraverso un’altra forma artistica che è la fotografia, in cui appare nuda «questi nudi -dice mostrandoli nella video intervista- li ho fatti fare quando una mia vecchia allieva, chiusa in manicomio, prima si è svestita (persona molto castigata) e poi si è uccisa. Allora, io come rivalsa ho voluto le foto. Sono usciti nudi accattivanti, ma non era la mia intenzione. Io volevo dire che noi siamo stati svestiti, così come nei campi di concentramento, marchiati, e le nostre carni erano felici, sane, buone, messe a marcire in un manicomio». Foto in cui appare vestita solo dei suoi monili, simbolo di femminilità. Spicca una collana, che mi rievoca il passo della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, in cui Clorinda appare finalmente in tutta la sua bellezza femminile, svestita dalla sua armatura e con una ferita da cui sgorga il sangue rosso che le segna al collo una sorta di monile ad evidenziare una femminilità prima celata. Ed è anche di femminilità ferita e amputata che parla Alda Merini raccontando, di essere stata sterilizzata a trentanove anni in manicomio, finendo così, di essere una donna «e quando mi dicono “quanto mi è costato vivere”, come in una canzone di vecchioni, è proprio questo. Soltanto che le brutture del manicomio stanno uscendo adesso, allora non se ne parlava, questo è un po’ la mia rabbia». Sofferenze atroci che non hanno contaminato la gioia di Alda Merini. Il grande maestro, regista teatrale, Jerzy Grotowschi aveva messo in scena un grandioso spettacolo tratto da un’opera di Pedro Calderon De La Barca, “Il principe costante”, in cui il protagonista, dopo aver ricevuto le più atroci persecuzioni, ha interiorizzato il male, trovando così, un ruolo all’interno della società che lo aveva etichettato come “scemo del villaggio”, come “folle” e diviene autolesionista. In Alda Merini, invece si assiste al miracolo di un continuo e vivo amore per la vita e per se stessa, nel suo ruolo di mediatrice di energie e versi che celebrano il paradiso, pur avendo vissuto l’inferno.
Per approfondimenti, altri miei articoli:
“Mentre rubavo la vita” con Giovanni Nuti e Monica Guerritore, in «SocialNews», 11/09/2014 tot. pg.1 http://www.socialnews.it/cultura/mentre-rubavo-la-vita-con-giovanni-nuti-e-monica-guerritore/
Milano celebra Alda Merini con Giovanni Nuti e Monica Guerritore, in «Lecanoedelweb», 11/09/2014 tot. pg.1 https://www.lecanoedelweb.it/milano-celebra-alda-merini-con-giovanni-nuti-e-monica-guerritore/
Giovanni Nuti: un Uomo che della poesia sa gustarne le vibrazioni, in «Lecanoedelweb», 11/09/2014 tot. pg.2 https://www.lecanoedelweb.it/giovanni-nuti-un-uomo-che-della-poesia-sa-gustarne-le-vibrazioni/
Non si può giudicare quello che si nasconde nel cuore di un uomo, in «SocialNews», 17/06/2014 tot. pg. 2 http://www.socialnews.it/scuola-2/non-si-puo-giudicare-quello-che-si-nasconde-nel-cuore-di-un-uomo/
Alda Merini a seno nudo su facebook. È arte?, in «SoloSapere», 03/06/2014, tot. pg. 1 http://www.solosapere.it/arte/4018-foto-alda-merini-seno-nudo-facebook