Maurizio: energia per la vita!
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Un oste catanese capace di ricreare il connubio tra pasto e benessere fisico, che spesso, a causa di tanti problemi, viene trascurato.
Il momento del pasto è sempre stato strettamente legato al benessere e all’allegria dell’uomo: chi è triste o afflitto per qualche malessere, infatti, non ha appetito e avverte un rifiuto spontaneo del cibo. Il clima di festa è sempre accompagnato da banchetti conviviali. Nel Medioevo, a corte, vi erano giullari chiamati per intrattenere allegramente i conviviali attraverso canti e mimi. Gioia e appetito vivono un dolce connubio fin dagli albori della nostra esistenza. Il cibo, ancora, è noto a tutti come fonte di energia e vitamine utili al fabbisogno giornaliero umano ed è il tema principale dell’Expo 2015 a Milano: “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”. Sappiamo che «il banchetto celebra sempre la vittoria, e questo è un tratto caratteristico della sua natura. Il trionfo del banchetto è universale: è il trionfo della vita sulla morte. In questo caso è equivalente del concepimento e della nascita. Il corpo vittorioso assorbe il mondo vinto e si rinnova»[1]. «Il mangiare e il bere sono una delle manifestazioni più importanti della vita del corpo grottesco. Le particolarità di questo corpo stanno nella sua apertura, nel suo carattere non definito, nella sua interazione col mondo. Ed è nell’atto del mangiare che esse si manifestano nel modo più tangibile e concreto: il corpo supera qui i propri limiti, inghiotte, assimila, dilania il mondo, lo assorbe tutto, si arricchisce e cresce alle sua spalle. L’incontro dell’uomo con il mondo che avviene nella grande bocca spalancata in atto di sgranocchiare, dilaniare e masticare, è uno dei soggetti più antichi e più importanti del pensiero e dell’imagerie umana. Qui l’uomo assapora il mondo, sente il gusto del mondo, lo introduce nel suo corpo e lo rende parte di se medesimo»[2]. Il momento del pasto appare, dunque, come un momento di allegria e nel cuore di Catania, in una trattoria sita in Piazza Mazzini, questo aspetto è esaltato dalla presenza di un eccellente oste dalle naturali doti di comico: che sa far ridere i propri ospiti sedendosi al tavolo con loro per salutargli e donargli quell’allegrezza che in lui è innata. Si chiama Maurizio, ha un’età di chi ha già assaporato il mondo e lo conosce in tutte le sue sfaccettature. La sua trattoria ha un’origine familiare e la porta avanti con orgoglio. Il suo volto è sereno e sorridente, ma ancor di più espressivo e capace di comunicare anche con i forestieri che non comprendono il dialetto locale, perché da bravo catanese si esprime nella lingua di popolo: proprio la lingua del volgo che adoperavano i giullari per intrattenere il loro pubblico. Un linguaggio ricco di massime e insegnamenti, molto spesso da interpretare, ma efficace per rendere il momento di un pasto un ristoro di animo e corpo: in sua compagnia qualsiasi pensiero o preoccupazione fa le valigie per andare altrove. Un personaggio unico, che vale la pena incontrare. Il menù proposto, inoltre è quello tipico mediterraneo ricco di alimenti non solo genuini, ma addirittura artistici nei colori e nella scelta delle portate.
[1] M. BACHTIN, L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Riso, Carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Einaudi, Torino 1995, pg. 309.
[2] Ibidem, pg. 307.