Poesia e matematica sono veramente due mondi opposti?
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Un poeta è anche un matematico.
Si è soliti pensare un poeta come chi è dotato di animo sensibile. Pascoli lo chiamava “fanciullino”, cioè capace di vedere tutto ciò che lo circonda con occhi ingenui. Ma, un poeta è anche un abile matematico? Una poesia si compone di versi, sillabe, ritmo, rima, strofe. Vi è un campo della letteratura denominato “metrica” che riporta tutte le definizioni e regole delle poesie di ogni tempo. Il termine metrica deriva dal latino metrum: misura del verso. Come diceva Aldo Menichetti,[1] per metrica si intende «il principio di strutturazione formale che configura il testo letterario come non-prosa, o in altri termini quel dato che ci consente di affermare di un testo che esso non è in prosa. Tale dato idealmente è unitario – appunto il principio che organizza la forma – ma di fatto si traduce in una pluralità di connotati esterni singolarmente analizzabili. Di questi tratti demarcativi nei confronti della prosa, o “formanti metrici”, uno solo è indispensabile: la segmentazione versale». Poeti noti del passato non hanno solo ascoltato l’eco del loro animo per scrivere poesia, hanno soprattutto misurato questa eco, con calcoli matematici ben precisi e attraverso un arduo lavoro di perfezione ci hanno tramandato i loro capolavori. Dalle origini al Cinquecento la poesia ha assunto il nome di “Canzone”, derivata dalla cansò provenzale. Dante Alighieri nel famoso trattato “De vulgari eloquentia”(II, III 2-3) proclama la canzone come la forma excellentissima tra tutte le forme metriche. Lo schema metrico della canzone prevede un numero variabile di strofe, dette stanze, di uguale struttura, cioè uguaglianza di numero, misura, disposizione dei versi, e ancora uguale schema rimico, è prevista solo una possibilità di eccezione con la presenza di una più breve strofa di chiusura. Nella poesia si parla di stanza (intera strofa, oppure intera poesia) divisa in fronte e sirma. La fronte può essere unica o divisa in due o tre parti, dette piedi, con uguale numero di versi, da due a sei. La sirma può essere unica o divisa in due, come i piedi, uguali per numero e disposizione dei versi. Se si pensa alla forma poetica del sonetto, il più diffuso, i nostri autori hanno dovuto rispettare regole ben precise. Un sonetto deve comprendere quattordici versi divisi in due quartine e due terzine, di versi endecasillabi rimati a rime alterne. Ci sono state anche varianti di schema in cui alcune forme di sonetto hanno mutato il numero di sillabe, sempre però a rispetto di norme stabilite e ben precise, come: corna di sonetti, il sonetto caudato, il sonetto rinterzato, il sonetto minore o sonetto minimo, il sonetto continuo, il sonetto misto, il sonetto doppio, il sonetto ritornellato e altri. L’importanza dei versi e di uno schema metrico è fondamentale per la poesia, proprio, perché per poesia si intende un discorso lirico-soggettivo scritto in versi. Un discorso basato sulla comunicazione di segni, con carattere rappresentativo ed evocativo. Il linguaggio poetico prevede uno studio dell’autore in campo lessicale di selezione e combinazione, del tutto matematico, perché bisogna tenere presente il numero di versi, le rime, gli accenti che diventano unità di misura! Inoltre, nella poesia come nella musica vi è la presenza del ritmo, creato da intervalli di accenti o ictus. Il discorso poetico verte anche sull’elaborazione di fenomeni detti figure metriche e sono la dialefe, sinalefe, sineresi, dieresi, aferesi, elisione. Queste regolano la struttura delle sillabe dei versi. Particolare rilievo ha anche il ruolo della pausa, così come nella musica, anche nella poesia vi sono pause, non di note, bensì di accenti. Le principali sono dette “pause versali” e sono poste a fine verso. In alcuni casi il verso viene spezzato e si ricorre alla figura metrica chiamata enjambement. Quando si analizza una poesia, molta attenzione richiede lo schema metrico, analizzato con precisione di calcolo matematico. Quindi una certa abilità con la matematica non è richiesta solo all’autore di una poesia, ma anche a chi intende accostarsi con interesse vero e analisi a questo tipo di testo. Chi legge attentamente una poesia e vuole analizzarne il testo dovrà fare i conti con le concatenanze delle parole e proposizioni, le varie componenti grammaticali e il loro significato, i verbi in quali modi e tempi prevalgono e ancora, quali azioni indicano gli avverbi, le congiunzioni, le figure retoriche, il tipo di registro adoperato, se formale o informale, gergale o dialettale, fino ad arrivare al livello semantico, che è il destinatario di tutti i fenomeni fonetici e ritmici. Analizzare il campo semantico di una poesia significa risalire alle parole chiave, quelle che rivelano il tema principale caro all’autore e in cui viene racchiuso il messaggio principale della poesia. Attraverso i campi semantici si possono analizzare e calcolare i rapporti spazio-temporali delle tematiche trattate, le opposizioni tra finito-infinito, alto-basso, vicino-lontano, chiuso-aperto, suono-silenzio, luce-buio. Tutte immagini suggestive create dal poeta. Tra queste categorie si può anche studiare la gerarchia voluta tra i versi e delinearne il suo significato-messaggio. Queste analisi servono ad avere un approccio non superficiale con un testo elaborato e non sempre è esplicito, anzi è quasi sempre implicito e simbolico. Un messaggio compreso solo se spinto da vero interesse e da abilità, celato come fosse protetto dentro uno scrigno.
[1] A. Menichetti – Metrica italiana. Fondamenti metrici, prosodia, rima, Padova, Antenore ,1993, p.19.
Pubblicato in «Notizie in … Controluce», Febbraio 2013.