Scuola: Renzi e precari parlano due lingue diverse!
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Oggi a Bologna, in occasione della festa dell’Unità, manifestazione con feriti. Renzi non tratta sul DDL.
Il premier Matteo Renzi, in occasione della Festa dell’Unità, svoltasi oggi a Bologna, ha dichiarato:
«So che ci sono persone che mi vogliono contestare sulla scuola e sono pronto a incontrare chiunque, ma libertà è rispondere con un sorriso a chi contesta e dire che non ci facciamo certo spaventare da tre fischi: abbiamo il compito di cambiare l’Italia e la cambieremo, di non mollare e non molleremo».
Una diatriba che dura da troppo tempo e che sta sfociando anche in atti di violenza. La Festa dell’Unità, infatti, non si è conclusa festosamente, ma tra feriti e ambulanze. I manifestanti non erano a viso coperto, non erano armati, eppure lo scontro fisico non è stato evitato. Renzi non si spaventa, non si arrende, offre dialogo, dice che tutti dobbiamo metterci in discussione sulla Scuola, “anche sua nonna”, ma non accetta i punti di vista di chi vive nella Scuola. Ho chiesto al prof. Marcello Pacifico, presidente del Sindacato ANIEF, di illustrare e chiarire la situazione:
«Il Governo sbaglia a non ascoltare il personale della scuola. Sono loro che possono dare consigli su come migliorarla, ma dopo lo sciopero del 24 aprile, le elezioni del Cspi e alla vigilia del nuovo sciopero del 5 maggio non è arrivato alcun invito. Il premier, poi confonde i numeri perché non ha fatto quanto promesso e atteso entro dicembre e mi riferisco al censimento su tutti i posti vacanti assegnati ingiustamente in organico di fatto. Se lo avesse fatto avrebbe scoperto che sarebbe stato possibile assumere altri 70 mila precari in più e nelle loro materie, non per coprire buchi! Il problema rimane; il tempo scuola è stato ridotto di un sesto e mai ripristinato e così non ci possono essere soluzioni corrette per risolvere il problema del precariato in presenza di differimenti dell’età pensionabile! La risposta, quindi in assenza di ascolto, da parte del governo rimarrà nelle mani dei giudici dalla cui pronuncia dipenderà l’assunzione tra il personale dello stato e il riconoscimenti dei diritti lesi durante il periodo di precariato».