Storia di un trasferimento e il ricordo della città nativa
di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Un mio tema inedito del 19 marzo 1992, quando avevo sedici anni.
Messina, città della Sicilia, è la mia città natale. In questa ho vissuto nove anni; essa ha un porto avviato sullo stretto omonimo. Si estende per circa 30 Km lungo lo stretto abbracciando una cinquantina di centri minori. Esporta soprattutto vino, olio e agrumi. È sede dell’Università. Il centro urbano si era sviluppato sulla riva dello stretto, ma il terribile terremoto del 28 dicembre 1908, a cui si aggiunge un violento maremoto, distrusse Messina. Eppure, la città risorse dalle rovine, ricostruita secondo norme antisismiche. Le “cose” che ricordo di più di questa città sono il mare, lo stretto, il campanile del duomo, la Vara e i giganti che escono nelle strade nel mese di agosto. Lo stretto è un braccio di mare a forma d’imbuto che separa la Penisola Italiana dalla Sicilia e mette in comunicazione il Mar Tirreno col Mar Ionio. Esso è servito da una campagna di navi-traghetto (ferryboats) che collega le ferrovie della penisola a quelle sicule. L’immagine del mare è sempre davanti ai miei occhi, più della mia casa, della mia stanza, delle mie amiche e dei miei parenti. La città è molto bella, con tanta storia, eppure ha sopportato e continua a sopportare molte ingiustizie. Dal balcone della mia camera si vedeva il mare, simile ad un lenzuolo blu, grinzoso che brillava sotto i raggi del sole. In alto si ammirava il cielo e nel piano intermedio e orizzontale i colori erano delle tonalità tra l’azzurro ora più chiaro ora più scuro, in qualche punto quasi sfocate per via dei giochi di luce. Una luce che proveniva dall’alto con luminosità diffusa sebbene l’intensità era tenue. I suoni, di cui ancora conservo il ricordo, erano quelli delle navi che arrivavano e partivano, oppure lo sferragliare dei treni che si imbarcavano o sbarcavano. Tutto creava un’atmosfera allegra e luminosa. Erano rumori piacevoli, persino di notte. Arrivavano alle mie narici gli odori del mare, che suscitava in me una sensazione gradevole, dolce e delicata. Mi sentivo vivere una specie di stordimento tenue e soave nello stesso tempo. La temperatura era mite anche d’inverno, l’aria salmastra mi rendeva più vivace. Un altro ricordo vivo è quello del campanile del duomo. Alto ben 95 metri, vanta l’orologio da torre più grande del mondo, opera meravigliosa di alta ingegneria. Tutte le figure in movimento in esso rappresentate hanno un particolare significato. Le figure che ogni quindici minuti suonano le campane ricordano le due eroine messinesi, Diana e Clarenza, che durante i vespri siciliani del 1282, suonarono le campane, per incitare il popolo alla ribellione; nello stesso istante, sempre ogni quarto d’ora, la Morte, ad ogni tocco di campana agita la falce, mentre davanti a lei passano un ragazzo, un giovane e un vecchio dimostrando così che la morta non guarda l’età di una persona e arriva quando vuole. A mezzogiorno il Leone, agitando la coda e il vessillo di Messina gira lentamente la testa verso la piazza ruggendo tre volte e per tre volte; esso simboleggia l’indomita volontà di rinascita del popolo messinese. Dopo il leone, il gallo sbattendo le ali alza la testa lanciando tre poderosi “chicchirichì” e per tre volte. Questo ricorda che al canto che al gallo suonarono le campane che diedero inizio alla sommossa del 1282. Si vede, anche, girare una colomba e lentamente sorge una chiesa. Vuole la leggenda che un eremita sognò la Madonna che gli disse: “Sul monte della Caperrina, dove domani all’alba verrà una colomba, edichiferete un tempio a me dedicato”. Alla mezzanotte la chiesa scomparve. Secondo i periodi dell’anno sono raffigurate le ricorrenze del Natale, dell’Epifania, della Resurrezione e della Pentecoste. In fine, viene rievocato il momento in cui gli ambasciatori messinesi recatisi in terra Santa a fare atto di fede cristiana alla Madonna, ancora vivente, ricevono dalle Sue mani una lettera: nella quale Lei prometteva protezione perenne ai messinesi, concludendo la sua Ss. Lettera con queste parole “Vos et ipsam civitatem benedicimus”. In ultimo, sono raffigurate le divinità pagane abbinate ai giorni della settimana in quest’ordine: Diana-lunedì, Marte-martedì, Mercurio-mercoledì, Giove-giovedì, Venere-venerdì, Saturno-sabato e Apollo-domenica. Le divinità montano ognuna delle bighe trainate da animali, il cambio avviene ogni mezzanotte. Sul lato Sud del campanile vi è un calendario perpetuo del diametro di circa 3,50m, che segue tutte le date e le feste di tutti i tempi, C’è un lunario indicante le varie fasi della luna nel tempo, con un planetario che illustra il movimento dei nove pianeti intorno al sole e infine, uno astronomico che raffigura i segni dello zodiaco. Quindi, il campanile del duomo, raccoglie in sé la storia della città. Sin dal 1500 Messina usava organizzare nel mese di Agosto una grande manifestazione con cavalieri e dame in costume facendo un corteo per le vie principali della città. Una “cavalcata storica” a cui prendevano parte i membri del Senato, della nobiltà e tutti i cavalieri. Con questo corteo si dava inizio ai festeggiamenti dell’agosto messinese, che comprendeva ogni genere di spettacolo, dall’artistico allo sportivo al folclore con sfilare di carri magnificamente addobbati. L’apice della festa si raggiungeva il giorno 15, con la processione della “Vara”. Questo enorme carro, tutt’oggi come allora, viene tirato con delle grosse funi a forza di braccia da migliaia di fedeli che vanno per grazia invocata o ricevuta e gridano “Ave Maria”. La vara, il cui peso è di diverse tonnellate, poggia su due pattini di ferro e per attenuare l’attrito con l’asfalto, un carro con idrante la precede bagnando il percorso. Sulla cima di questo grandioso carro si piò ammirare l’Eterno Padre con la destra distesa, sul cui palmo la Ss. Vergine vola nel regno dei cieli. Più sotto Angeli e Arcangeli girano festosamente tra le nuvole e si vedono girare in gran volo il sole e gli astri. Infine, in una bassa nicchia alla base della vara, si vede il sarcofago della SS. Vergine. Tutto l’insieme costituisce un meraviglioso spettacolo che affascina e suscita l’entusiasmo dei presenti. Nei giorni precedenti si vedono, invece, girare per la città due enormi cavalli di gesso e cartapesta con sopra i due giganti, Mata e Grifone, che la leggenda vuole siano i fondatori della città. Secondo questa leggenda, Grifone, gigante nero cannibale, sbarcato sulle rive deserte, dove poi fu edificata la città, incontrata Mata s’innamorò e la sposò, pervia promessa mantenuta di rinunciare al cannibalismo e di edificare sul posto la propria dimora. Di tutti gli antichi festeggiamenti dell’agosto hanno resistito solo queste due: vara e giganti. Oggi altri avvenimenti rendono suggestiva l’estate messinese, infatti, che è ospite può assaporare la bellezza storica di una città che tra giochi di luce mostra un aspetto di benessere psicologico e fisico di trepida vitalità.